Ricercatrice MIT: “vita extraterrestre negli esopianeti”

potenziali esopianeti abitabiliCol progredire della tecnologia astronomica a disposizione degli scienziati siamo in procinto di giungere ad un punto cruciale nella ricerca di vita aliena, questa la tesi di Sara Seager, docente di Fisica e Scienze Planetarie del Massachusetts Institute of Technology (MIT), che lo scorso 4 agosto ha pubblicato le sue conclusioni in un paper sulla rivista Proceedings della National Academy of Sciences pubblicato a giugno e recentemente rilanciato dal quotidiano The Guardian. La riceratrice nel suo lavoro sostiene che l’esistenza di vita aliena nell’Universo sia un fatto “inevitabile”, a causa del massiccio numero di pianeti extrasolari individuati, sta a noi trovarne le tracce.

«Nel giro dei prossimi dieci o venti anni avremo la possibilità di osservare e studiare nel dettaglio – grazie alla nuova generazione di telescopi spaziali – un buon numero di esopianeti abitabili» scrive la Seager nel suo studio, ed il riferimento è al James Webb Telescope, il grande telescopio spaziale che verrà messo in orbita dalla NASA e il cui lancio è previsto per il 2018. «Grazie alle nuove tecnologie sarà infatti possibile cercare, ed eventualmente individuare, tracce biologiche, come quelle che potrebbero essere lasciate da una forma di vita extraterrestre, nell’atmosfera degli esopianeti a noi più vicini. La presenza di marcatori biologici nei gas atmosferici di un pianeta extrasolare a livelli tali da renderne possibile l’individuazione, potrebbe indicare che gli stessi siano prodotti da una qualche forma di vita».

Ad oggi è stata studiata l’atmosfera di un buon numero di pianeti extrasolari attraverso l’osservazione e l’analisi della luce emessa dalla stella madre e che filtra attraverso la loro atmosfera. Durante il transito, infatti, una parte della luce emessa dalla stella madre viene filtrata dall’atmosfera del pianeta ed alcune delle lunghezze d’onda vengono assorbite da specifiche sostanze chimiche, lasciando una impronta ben individuabile, una sorta di “impronta digitale” della composizione chimica dell’atmosfera del pianeta osservato. La studiosa sostiene che con la possibilità di effettuare osservazioni attraverso telescopi spaziali più sofisticati sarà possibile analizzare l’atmosfera delle “super-Terre” considerate abitabili, molto più piccoli rispetto alla classe di esopianeti ad oggi maggiormente studiata, quella costituita dai giganti gassosi comunemente chiamati “hot-Jupiters”. Successivamente potremo effettuare osservazioni anche su pianeti rocciosi ancora più piccoli, alla ricerca di tracce biologiche associate alla presenza di una qualche forma di vita.

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Ma la cautela è d’obbligo, soprattutto su temi come questo: le forme di vita sono in grado di produrre molti tipi di gas differenti e la differenza nella composizione di base dell’atmosfera degli esopianeti e dell’ambiente della stella ospite potrebbe produrre delle marcature biologiche nei gas assai differenti da quelle che è possibile individuare nell’atmosfera terrestre. Quindi «anche con dei dati eccellenti ci potrebbe essere una grande ambiguità dovuta a dei falsi positivi» aggiunge Seager.

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Molecole come quelle di metano possono essere generate da processi biologici (metanogenici) o geologici (ad esempio vulcanici), quindi non necessariamente l’individuazione di metano nell’atmosfera di un pianeta extrasolare indica la presenza di una qualche forma di vita. L’individuazione di questi falsi positivi, attraverso l’utilizzo di strumenti avanzati, rappresenterà una fase critica nella ricerca di tracce riconducibili ad una qualche presenza biologica.

Maggiore sarà lo sviluppo tecnologico dei nuovi telescopi, maggiori saranno le capacità degli scienziati di nel dettaglio esopianeti teoricamente “abitabili”. «La nostra Galassia contiene più di cento miliardi di stelle, e il nostro Universo contiene più di cento miliardi di galassie, per la legge dei grandi numeri sembra davvero inevitabile che da qualche parte ci sia vita». Seager conclude dicendo che «possiamo affermare con certezza che per la prima volta nella storia dell’umanità siamo in grado di cercare segni di vita al di là del nostro sistema solare attorno alle centinaia di stelle che ci sono più vicine».

Insomma E.T. esiste e quasi certamente i nostri figli lo vedranno.

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Fonte: Istituto Nazionale di Astrofisica 

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