Ripreso il rarissimo squalo della Groenlandia – ecco il video


Alcuni giorni fa, il National Geographic ha diffuso le immagini del rarissimo squalo della Groenlandia, (Somniosus microcephalus), una specie di cui i biologi sanno pochissimo. Lo squalo è stato ripreso grazie ad Alan Turchik, un ingegnere meccanico che ha usato una dropcam subacquea a 200 metri di profondità nel mare intorno alla “Terra di Francesco Giuseppe“, un arcipelago russo disabitato nel Mar Glaciale Artico. Un’emozione per gli esperti!

Una ricerca condotta dalla Norwegian University of Science and Technology (NTNU), dal Norwegian Polar Institute e dalla Windsor University, in Canada, ha portato risultati imprevisti: non sono gli orsi polari, ma gli squali della Groenlandia gli animali più colpiti dall’inquinamento delle acque oceaniche. Si tratta di una specie poco nota, ma molto interessante:”Somniosus microcephalus”, una grossa specie di squalo. Raggiunge la lunghezza di sette metri (la specie di squalo più grande, insieme allo squalo bianco), e il peso di una tonnellata. Vive nelle acque fredde del Nord Atlantico, spingendosi raramente a latitudini meridionali. Oltre che per le dimensioni, lo squalo della Groenlandia è notevole anche per altre caratteristiche: la sua carne è tossica (ma, se trattata con lunghi processi di congelamento e decongelamento diventa un prelibatezza per gli islandesi: lo Hákarl, o squalo fermentato) ed è uno degli animali più longevi sulla terra, perché può raggiungere il secolo di vita. Lo studio è stato condotto nelle acque delle isole Svalbard, arcipelago del Mar Glaciale Artico. Si è basato su 43 esemplari, dai quali sono stati prelevati campioni di tessuto epatico. L’analisi del fegato degli squali ha permesso di mettere in luce l’accumulo di sostanze inquinanti nei loro organismi. Si tratta soprattutto di PCB (policlorobifenili), composti organici a lungo utilizzati come isolanti termici e come stabilizzanti in vernici, adesivi, sigillanti industriali. Molte di queste sostanze – solubili nei grassi – sono state negli ultimi tempi dichiarate pericolose e proibite, ma il loro impiego per i lunghi anni dello sviluppo industriale ne ha causato l’inevitabile accumulo nell’ambiente. I ricercatori attribuiscono il ritrovamento di una così massiccia quantità di sostanze pericolose negli squali al loro posizionamento nella catena alimentare: poiché questa specie – intorno alle isole Svalbard – si nutre soprattutto di foche (ma nel loro stomaco sono stati ritrovati anche resti di renne e di orsi), l’accumulo di inquinanti nei loro tessuti è inevitabile. Le foche stesse, infatti, sono caratterizzate da un elevato contenuto di agenti inquinanti. La regola vale per tutti, uomini compresi: se mangi cibo inquinato, tu stesso “ti inquini”. Un’osservazione che sembrerebbe confermata dalle differenze rilevate tra gli squali delle Svalbard e quelli che popolano le coste canadesi. Questi ultimi mangiano meno foche; per i primi invece queste costituiscono il 43% della dieta abituale. Meccanismi di difesa Un altro aspetto molto interessante della ricerca norvegese è la scoperta di un originale meccanismo di difesa messo in atto dagli squali delle Svalbard. Nel loro fegato, infatti, è stato rilevato un elevatissimo livello di Vitamina E e una diminuzione della Vitamina A. Questo potrebbe costituire, secondo i ricercatori, un originale strumento di difesa. Perché la Vitamina E è un potente antiossidante che gli animali estraggono dal proprio fegato per metterlo in circolazione nel sangue. Interesse per la salute umana Perché studiare gli squali dei mari freddi? Che ce ne importa del loro fegato? Ebbene: al di là dell’interesse scientifico diretto, la ricerca norvegese mette in luce gli effetti a lungo termine dell’inquinamento sugli organismi posti in vetta (o in fondo) alla catena alimentare. In quelle posizioni, a guardar bene, ci sono orsi, foche squali e – purtroppo – anche noi esseri umani.  (RAINEWS)

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