Uscita da UE, Regno Unito festeggia: +5,9% dei consumi su base annua. Clamoroso errore degli analisti, conferma anche Milano Finanza

Farage-BrexitIl Regno Unito è in forte ripresa, guarda caso proprio ora che tv e giornali italiani si sono calmati. Depressione post Brexit? Niente affatto, i consumatori britannici hanno invece festeggiato: le vendite al dettaglio a luglio sono cresciute dell’1,4% rispetto al mese precedente e del 5,9% su base annua. Entrambi i dati hanno nettamente battuto le attese (+0,2% m/m, +4,2% a/a). La sterlina si è subito rafforzata, salendo ai massimi da quasi due settimane sul dollaro a 1,3159. Al sorprendente risultato hanno contribuito il tempo particolarmente caldo e soleggiato e l’arrivo massiccio dei turisti dall’estero, favorito ovviamente dall’indebolimento della sterlina.

A riportare la news anche Milano Finanza: “secondo l’agenzia di rating Moody’s, d’altronde, non ci sarà nessuna recessione post Brexit, come aveva invece previsto la grande maggioranza degli analisti, e il Regno Unito quest’anno crescerà dell’1,5% e il prossimo dell’1,2%. Chi addossa alla Brexit la colpa del rallentamento dell’economia di altri Paesi sembra quindi avere sbagliato bersaglio” – si legge sul sito specializzato. 

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Merito della sterlina debole che ha incoraggiato i turisti a spendere, riporta Il Fatto Quotidiano. Le vendite, secondo i dati diffusi dall’Ons, l’istituto nazionale di statistica britannico, sono cresciute dell’1,4%, dopo il -0,9% di giugno, superando nettamente le attese degli analisti che si erano fermati ad un +0,1%. Le vendite al dettaglio esclusi i carburanti segnano +1,5%. Nell’intero Regno Unito, tra l’altro, le vendite al dettaglio hanno registrato una crescita del 5,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e un aumento dell’1,4% rispetto a giugno 2016.

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E se sono aumentate le vendite al dettaglio, il mese di luglio fa registrare anche l‘aumento dell’inflazione: il tasso annuale dei prezzi al consumo ha segnato +0,6%, un incremento superiore alle attese degli analisti, dopo il +0,5% di giugno. Anche in questo caso l’aumento dell’inflazione è da collegare alla debolezza dellasterlina: la Bank of England aveva sottolineato che la decisione di uscire dall’Unione europea avrebbe fatto aumentare i costi di importazione sostenuti dalle imprese e di conseguenza spinto in alto il livello dei prezzi.

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