Coincidenza o meno, da due mesi le ultime pillole anticoncezionali che si trovavano in fascia A – e quindi a carico del Servizio Sanitario nazionale – sono state riclassificate in fascia C e quindi a carico del cittadino. Le donne che vorranno fare uso di un contraccettivo orale – così come di qualunque altra forma di contraccettivo – dovranno d’ora in poi pagarlo di tasca propria.
A segnalare il caso, i medici di “No grazie pago io”, un’associazione che si batte per l’indipendenza della professione medica dall’industria farmaceutica. Sulla Gazzetta Ufficiale del 27 luglio scorso l’elenco delle pillole passate in fascia C: Triminulet, Planum, Ginodem, Milvane, Etinilestradiolo e Gestodene Mylan Generics, Practil, Kipling, Gestodiol, Antela, Desogestrel Etinilestradiolo Aurobindo, Estmar, Minulet , Brilleve.
Trasmessa alle farmacie con una circolare burocratica dal titolo neutro – “riclassificazione anticoncezionali”- la notizia arriva in coincidenza con la Giornata della Contraccezione, tanto che, anche nelle società scientifiche c’è chi ha attribuito scherzosamente l’iniziativa al fertility day. Eppure tanto scherzo non sembra.
Obiettivo dell’ambigua scelta di governo sarebbe una manovra di contenimento della spesa.
Formalmente a stare o passare in fascia C sono molecole cui si riconosce un’efficacia limitata, come il paracetamolo, in fascia C nonostante sia molto efficace, e farmaco di prima scelta anche per il trattamento analgesico dell’artrosi”.
Quelle che sino a poche settimane fa erano disponibili gratuitamente sono molecole non nuovissime – le cosiddette pillole di terza generazione – già oggetto di qualche polemica perché alcuni studi mostrano che presentano un rischio di trombosi venosa tromboembolico doppio rispetto a quelle di seconda generazione. Molte donne già scelgono pillole in fascia C, le più nuove e anche le più pubblicizzate dalle case farmaceutiche.