«Pensavamo di essere un popolo evoluto, ma se vogliamo salvarci in questo momento di crisi dobbiamo tornare a una forma economica primitiva». E così la signora Loredana Toffolo, titolare del lavasecco di via Canova, ha introdotto il baratto nel suo negozio. «Col mio macellaio funziona – spiega -. A lui servono servizi per 12 euro? Io prendo 12 euro di carne nel suo esercizio commerciale ». Il cartello è stato esposto in vetrina da pochi giorni e ha già sollevato molta curiosità fra i trevigiani: tanti si fermano, quasi tutti infilano la testa dentro la porta del negozio e chiedono, «ma che significa baratto?».Come se non ci credessero davvero che il piumino lavato a secco o la camicia stirata alla perfezione si possano scambiare con qualcosa. «Chi ha l’orto può pagare in natura, con zucchine, insalata o pomodori – spiega la signora Toffolo -, con quello che costano poi…».
«La mia può passare per una provocazione, eppure lo fanno già in altre città e funziona – chiude -. Si scambia un servizio con un altro servizio, una merce o un prodotto. Così anche se non guadagno sul lavaggio, posso ricevere qualcosa che altrimenti dovrei comprare».
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