A dimostrarlo un nuovo studio pubblicato su Science da un team di ricerca internazionale, che ha utilizzato i dati raccolti dal Very Large Telescope dell’Eso (European Southern Observatory) e dell’Infrared Telescope Facility della Nasa per mappare le caratteristiche delle molecole di acqua presenti nell’atmosfera, grazie alle quali è possibili ricostruire l’evoluzione della riserve idriche lungo storia del pianeta.
“Il nostro studio permette di effettuare una stima della quantità di acqua presente su Marte nel passato – spiega Geronimo Villanueva, ricercatore del Goddard Space Flight Center della Nasa, e primo autore dello studio – perché permette di determinare quanta di questa è andata persa nello Spazio”.
I ricercatori hanno analizzato due molecole di acqua presenti nell’atmosfera di Marte che presentano caratteristiche atomiche leggermente differenti: la normale H2O e la cosiddetta Hdo, oacqua semi-pesante, in cui uno dei due atomi di idrogeno della molecola normale è sostituito da un isotopo più pesante, chiamato deuterio. Il secondo tipo di molecola ha un peso maggiore e per questo, spiegano i ricercatori, è più difficile che si perda nello Spazio a causa dell’evaporazione.
Più acqua evapora dalla superficie e si perde nello Spazio, più aumenta quindi la percentuale di molecole di Hdo in quella che rimane. Utilizzando i dati raccolti dal telescopio dell’Eso e da quello della Nasa, i ricercatori hanno quindi potuto mappare il rapporto tra le molecole di H2O e Hdo su tutta la superficie di Marte (concentrandosi in particolare su quello presente nelle zonepolari, che ospitano ancora due calotte di ghiacci eterni) lungo un periodo di sei anni, e comparando i risultati con quelli riscontrabili in un oceano terrestre sono riusciti a calcolare la quantità di acqua che il pianeta ha perso nel corso della sua storia.
I risultati hanno mostrato che nelle zone dei poli marziani l’acqua contiene una quantità di molecole di Hdo 8 volte superiore a quella presente sulla Terra. Utilizzando questi dati, i ricercatori hanno quindi calcolato che il pianeta in passato doveva ospitare almeno 20 milioni di chilometri cubici di acqua, un autentico oceano che copriva probabilmente circa il 19% della superficie del pianeta.
A questo risultato, pubblicato sulla rivista Science, i ricercatori sono arrivati utilizzando i dati raccolti tra il 2008 e 2014 da 3 telescopi terrestri. Le mappe mostrano che la distribuzione dell’acqua presente nell’atmosfera e degli elementi che la costituiscono (tra cui idrogeno pesante o deuterio) varia da stagione a stagione e anche da regione a regione. A far capire ai ricercatori che Marte è stato bagnato dalle acque per molto più tempo di quanto immaginato è stata l’analisi della proporzione tra l’acqua pesante (cioè ricca di deuterio) e quella normale, in alcune aree fino a 5-7 volte più alta di quella degli oceani terrestri.
”In sostanza, gli atomi di idrogeno dell’acqua normale si sono persi nello spazio, mentre quelli di deuterio sono rimasti su Marte”, spiega Geronimo Villanueva all’ANSA. ”Ciò significa che l’87% della sua acqua si è persa nello spazio, e che quella che è rimasta, pari al 13%, si trova immagazzinata nella sua calotta polare”. Ma all’inizio della sua storia ‘‘abbiamo calcolato – continua – che sul pianeta ci fosse abbastanza acqua da coprire oltre il 20% della sua superficie. C’era un oceano profondo circa un chilometro, una profondità simile a quella del Mar Mediterraneo. Dati questi che aumentano la probabilità dell’abitabilità di Marte”.
“Visto che Marte ha perso così tanta acqua, il pianeta è statoprobabilmente umido per un periodo più lungo di quanto si pensasse”, conclude Michael Mumma, coautore dello studio. “E questo suggerisce che Marte potrebbe essere stato abitabile più a lungo di quanto ritenevamo fino a oggi”.