IL ‘DUOMO SOTTOMARINO’: 650 PICCOLI CRATERI –Il ‘rigonfiamento’ è alto circa 15 metri e copre un’area di 25 chilometri quadrati. Si trova a profondità variabili tra 100 e i 170 metri. È il primo autore dello studio, Salvatore Passaro, dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Cnr a fornire i numeri che danno l’idea dell’importanza della ricerca. “Durante i rilievi – racconta Passaro – sono state scoperte 35 emissioni di gas attive e più di 650 piccoli crateri collegati a emissioni di gas avvenute negli ultimi 12mila anni”. In passato si riteneva che tali ‘rigonfiamenti’ fossero dovuti a frane e smottamenti sottomarini, “ma oggi sappiamo – spiega – che una tale conformazione è collegabile a emissioni di gas”.
LE CAUSE DEL ‘RIGONFIAMENTO’ – A queste latitudini potrebbe sembrare tutto (quasi) normale, ma non è così. A differenza di quanto accade ai Campi Flegrei “dove i gas hanno un ruolo importante nella deformazione del suolo – spiega Guido Ventura dell’Ingv, altro autore della ricerca – il meccanismo che innesca il fenomeno che avviene nel Golfo di Napoli non coinvolge direttamente il magma”. Non si tratta, dunque, di una struttura vulcanica primaria, come i cosiddetti ‘duomi di lava’. Secondo iricercatori, a provocare il rigonfiamento che deforma il fondale marino è la risalita di gas da una profondità compresa fra 10 e 20chilometri. Una risalita attraverso condotti verticali del diametro che va dai 50 ai 200 metri, che piegano e fratturano i sedimenti marini. Si tratta quasi interamente di anidride carbonica, con una composizione simile a quella di Vesuvio e Campi Flegrei. Caratteristica che indicherebbe, secondo gli autori dello studio, una comune sorgente di gas nelle profondità del mantello. “La differenza è nella temperatura – spiega Ventura – perché i gas del ‘duomo’ sono freddi mentre quelli dei due vulcani sono caldi, in quanto vengono riscaldati dal magma.
IL GRUPPO DI RICERCA – La scoperta è avvenuta nell’ambito della campagna Safe 2014 (Seafloor Acoustic Detection of Fluid Emissions) a bordo della nave oceanografica Urania del Cnr. Si tratta di una campagna volta proprio a individuare emissioni gassose nel golfo di Napoli. In mare le ricerche sono durate un paio di settimane, per la fase di acquisizione dei dati, ma lo studio è andato avanti per quasi un anno.
LE IMPLICAZIONI SCIENTIFICHE – Anche se il ‘duomo’ non è per ora associato alla risalita di magma, secondo gliscienziati non è escluso che strutture di questo tipo possano precedere la formazione di vulcani sottomarini o campi di sorgenti idrotermali. Ci sono dei precedenti: è accaduto inGiappone, Canarie e Mar Rosso. In altri luoghi, però, non si è verificato, come al largo delle coste di Africa, Brasile, Svezia eNorvegia, dove pure sono state scoperte strutture simili. Dopo la pubblicazione sulla rivista Scientific Reports, i ricercatori non si fermano: il fenomeno, infatti, rappresenta un punto di partenza per la comprensione dei fenomeni vulcanici sottomarini nelle zone costiere, che oggi possono e devono essere studiati con modelli digitali tra i più avanzati. (Fonte: Il Fatto Quotidiano)