A largo dell’isola di Capri si immergono sino a 50 metri per raggiungere i fondali e “coltivarli” reitntroducendo un’alga bruna tipica del mare Mediterraneo:
E’ la mission di quattro scienziate italiane che, a seguito della devastazione del fondale marino – anche a causa della pesca illegale dei cosiddetti datteri di mare – hanno avviato una serie di iniziative volte a promuovere la ricrescita dell’alga Cystoseira, vegetale marino autoctono, importante per i pesci ed altri organismi del territorio. Come riportato in un approfondimento diffuso sul sito web dell’Università triestina, coordinatore del progetto è dott.ssa Annalisa Falace (DSV-UNITS). Si tratta infatti di un team tutto al femminile realizzato nell’ambito del progetto ROC-POP Life che coinvolge due università (Trieste e Genova) e 4 Aree Marine Protette (Miramare, Cinque Terre, Portofino e Strugnano-Slovenia):
ROCPOP LIFE è una azione concreta di restauro ambientale, che ha come scopo il ripristino di foreste marine protette da Direttive Europee e accordi internazionali (Direttiva per la Strategia Marina, Direttiva Habitat-Natura 2000, Convenzione Barcellona, ecc). L’intervento di restauro si avvale di un nuovo protocollo di coltura, sviluppato lo scorso anno in stretta collaborazione tra le Università di Trieste (gruppo di ricerca della dott.ssa Annalisa Falace) e di Genova (gruppo di ricerca della prof.ssa Mariachiara Chiantore) e recentemente pubblicato. L’originalità di questa metodologia di restauro sta nella produzione in acquari di nuove “plantule” – coltivate con della terracotta – da reintrodurre in ambiente marino, senza danneggiare i siti donatori. Finora gli interventi di restauro di foreste marine sono stati realizzati mediante il traspianto di popolamenti da un sito all’altro, impoverendo così i siti “donatori”. Poiché si tratta di specie protette e a rischio di estinzione, questo tipo di interventi andrebbero vietati, in quanto in contraddizione con il principio di conservazione di queste specie. Purtroppo, si tratta ancora della pratica più diffusa in Mediterraneo. La necessità di ottenere un gran numero di “plantule” è uno dei limiti maggiori alla realizzazione su larga scala di interventi di restauro biologico. Quindi è stato necessario ottimizzare la riproduzione utilizzando metodi non distruttivi. ROC-POP Life si prefigge di impiegare questo nuovo protocollo e l’utilizzo di materiali innovativi e biodegradabili per la produzione di “moduli” ecosostenibili per reintrodurre queste foreste marine laddove sono state distrutte. L’originalità di ROC-POP Life è che, in linea con le direttive europee, non è previsto l’uso di plastiche o materiali non biodegradabili che potrebbero creare un danno secondario all’ambiente:
Le foreste marine, al pari di quelle terrestri, rappresentano uno degli habitat più produttivi e importanti, anche se finora poco considerati, che stanno rapidamente scomparendo da tutto il Mediterraneo. Le cause della loro scomparsa sono impatti antropici di diversa natura (inquinamento, erbicidi, rimaneggiamenti della fascia costiera, turismo, ecc) a cui si aggiungono i cambiamenti climatici (aumento delle temperature, acidificazione, ecc). Per il loro ruolo nel supportare una grande biodiversità e importanti catene trofiche, la loro scomparsa comporta una perdita critica dei servizi eco-sistemici associati, come pesca e mitigazione dei cambiamenti climatici. È quanto mai urgente avviare interventi di restauro marino a larga scala in quanto, laddove le popolazioni naturali sono scomparse, anche se le condizioni ambientali migliorano, in assenza di popolamenti naturali nelle vicinanze non è possibile un ritorno spontaneo. Intervistate dal Corriere, le scienziate hanno dichiarato di non essere interessate alle classiche ambizioni accademiche ma piuttosto a concretizzare un il “sogno di ripristinare quello che c’era per consegnare qualcosa di migliore”. A tal proposito, riportiamo qui sotto il link ad un video diffuso sul web:
Fonti:
https://www.units.it/news/roc-pop-life-restauro-ambientale-delle-foreste-marine