Colpo di scena: i fumatori di cannabis non sono più apatici dei non fumatori secondo uno studio scientifico del 2022

Sebbene l’uso costante di cannabis sia stato associato all’anedonia e all’apatia, studi precedenti hanno mostrato risultati contrastanti e pochi hanno esaminato l’associazione tra l’uso di cannabis e specifici sottoprocessi di ricompensa. Gli adolescenti possono essere più vulnerabili agli effetti dannosi della cannabis rispetto agli adulti. A tentare di ottenere una risposta più chiara sulla questione ci ha pensato un altro gruppo di ricerca, autore di uno studio – pubblicato nel 2022 – che è destinato a far discutere:

Pubblicato sull’International Journal of Neuropsychopharmacology, questo studio dell’Università di Cambridge e del King’s College di Londra cita personaggi “stoner” come “The Dude” di “The Big Lebowski”, Jesse Pinkman di “Breaking Bad” e persino Argyle dell’ultima stagione di ” Stranger Things” come prova dello stereotipo che gli appassionati di erba lottano con la motivazione:

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“I consumatori di cannabis hanno ottenuto punteggi leggermente inferiori rispetto ai non consumatori sull’anedonia – in altre parole, sembravano più in grado di divertirsi – ma non c’era alcuna differenza significativa quando si trattava di apatia”, si legge nel comunicato stampa di Cambridge sullo studio. “I ricercatori, inoltre, non hanno trovato alcun legame tra la frequenza del consumo di cannabis e l’apatia o l’anedonia nelle persone che hanno utilizzato la cannabis”. La conclusione dello studio è che:

“L’uso di cannabis con una frequenza di tre o quattro giorni alla settimana non è associato all’apatia, al processo decisionale basato sullo sforzo per la ricompensa, al desiderio di ricompensa o al gradimento della ricompensa negli adulti o negli adolescenti. I consumatori di cannabis avevano un’anedonia inferiore rispetto ai controlli, sebbene con una dimensione dell’effetto ridotta. Questi risultati non sono coerenti con l’ipotesi che l’uso non acuto di cannabis sia associato all’amotivazione” – hanno concluso i ricercatori. Differente, invece, il contesto legato alla salute dei nostri polmoni, inevitabilmente sottoposti – come per le sigarette al tabacco – a continue inalazioni di sostanze potenzialmente cancerogene.

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