I petroglifi risalenti a circa 8.000 anni fa raffigurano l’ormai estinto Syncerus antiquus, un’enorme specie di bufalo africano:
Questo enorme bovide, con corna che si estendevano fino a 3 metri dalla punta all’altra punta, è stato il più grande del suo genere mai registrato in Africa. Le corna assomigliavano a quelle del bufalo d’acqua selvatico ( Bubalus arnee ) nella forma. In un’immagine sorprendente, un agretto bovino è appollaiato su una delle sue corna, riflettendo un affascinante rapporto ecologico che esiste ancora oggi tra i grandi erbivori e questi uccelli, che si nutrono di insetti agitati dal loro movimento. Ciò che rende questo petroglifo particolarmente intrigante è che cattura non solo la grandezza di questa specie estinta, ma anche l’antica comprensione delle relazioni simbiotiche in natura, uno sguardo precoce sull’interconnessione della fauna selvatica che precede l’ecologia moderna di millenni. Syncerus antiquus è una specie estinta di bufalo del tardo Pleistocene e dell’Olocene dell’Africa. Era una delle specie più grandi della sua famiglia, con un peso potenziale fino a 2.000 chilogrammi (4.400 libbre). Per questo motivo, è talvolta noto come bufalo gigante africano . Il momento della sua estinzione è oggetto di dibattito; Syncerus antiquus si estinse alla fine del tardo Pleistocene circa 12.000 anni fa o durante l’Olocene, circa 4.000 anni fa.
Questo tipo di petroglifo ci invita a riflettere sul nostro rapporto con la natura. Ci ricorda che siamo parte di un ecosistema complesso e interconnesso, e che la nostra sopravvivenza dipende dalla salute del pianeta. In un’epoca in cui le attività umane stanno mettendo a rischio la biodiversità, questi reperti archeologici ci offrono una prospettiva più ampia e ci invitano a proteggere il nostro patrimonio naturale.
#animali #preistoria #Syncerus antiquus #petroglifi