Un animale carinissimo ma anche potenzialmente pericoloso. Ecco perché l’ornitorinco va rispettato nel suo ambiente

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Il pungiglione dell’ornitorinco maschio è dotato di una delle armi biologiche più pericolose del regno animale. La puntura infligge un dolore lancinante, paragonabile a quello di una puntura di vespa moltiplicato per mille, che può persistere per settimane. Durante la stagione degli amori, questi pacifici mammiferi acquatici si trasformano in feroci combattenti, pronti a tutto pur di conquistare una compagna. I loro speroni velenosi, collegati a ghiandole che producono un potente cocktail tossico, sono utilizzati come armi letali durante gli scontri con i rivali. Sebbene il veleno non sia letale per l’uomo, la puntura è estremamente dolorosa e può causare gonfiori e arrossamenti significativi. Nonostante l’aspetto “coccoloso” importante ricordare che, nonostante il loro aspetto innocuo, gli ornitorinchi sono animali selvatici e vanno trattati con il massimo rispetto:

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L’ornitorinco, lo ricordiamo, rappresenta una delle cinque specie ancora esistenti che compongono l’ordine dei monotremi, gli unici mammiferi che depongono uova invece di dare alla luce dei piccoli (le altre quattro sono note complessivamente come echidna). È l’unico rappresentante della sua famiglia (Ornithorhynchidae) e del suo genere (Ornithorhynchus), sebbene siano stati trovati alcuni parenti fossili, alcuni dei quali anche nel genere Ornithorhynchus. Il nome scientifico del genere (come quello comune italiano) è composto da due parole greche: ὄρνις òrnis, che significa “uccello”, e ῥύγχος rhýnchos, che significa “muso”. Il secondo termine del nome scientifico della specie è invece derivato dal termine latino per anatra: anas.

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