Il Palazzo Ducale, anticamente anche Palazzo Dogale in quanto sede del Doge, uno dei simboli della città di Venezia e capolavoro del gotico veneziano, è un edificio che sorge nell’area monumentale di piazza San Marco, nel sestiere di San Marco, tra l’omonima piazzetta e il molo di Palazzo Ducale, contiguamente alla basilica di San Marco.
Contraddistinto da uno stile che, traendo spunto dall’architettura bizantina e da quella orientale, ben esemplifica di quale intensità fossero i rapporti commerciali e culturali tra la Serenissima e gli altri stati europei, la sua bellezza si basa su un astuto paradosso estetico e fisico, connesso al fatto che la pesante mole del corpo principale è sorretta da quelli che sembrano esili colonnati intarsiati. Gli interni, oggi parzialmente privati delle opere che un tempo li decoravano, conservano ancora un’ampia pinacoteca, che comprende opere realizzate dai più famosi maestri veneziani, tra i quali Jacopo e Domenico Tintoretto, Tiziano Vecellio, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Giambattista Zelotti, Jacopo Palma il Giovane, Andrea Vicentino e Antonio Vassilacchi.
Antica sede del doge e delle magistrature veneziane, fondato dopo l’812, più volte colpito da incendi e di conseguenza ricostruito, ha seguito la storia della Serenissima, dagli albori sino alla caduta: annessa Venezia al regno d’Italia e passato l’edificio sotto la giurisdizione di quest’ultimo, esso divenne sede museale. Oggi ospita la sede del Museo civico di Palazzo Ducale, parte della Fondazione musei civici di Venezia (MUVE), nel 2012 visitato da 1 319 527 persone.
Storia:
Il primo Palazzo Ducale, del quale non rimangono resti, fu edificato a Heraclia[5][6] e lì si stabilì, attorno al 700, il primo doge della Repubblica di Venezia, Paolo Lucio Anafesto. A esso seguirono Marcello Tegalliano e Orso Ipato, il cui assassinio, nel 737, portò all’istituzione di un magister militum eletto annualmente.[6] Restaurata, nel 752, la carica ducale, fu costruita, su mandato del nuovo doge, Teodato Ipato, una nuova sede nella cittadina di Metamaucum,[6] a sua volta trasferita nell’812 a Rivoaltus, l’antica Rialto, per ordine di Angelo Partecipazio. In questa località, ritenuta più sicura,[7] fu eretto il nuovo edificio,[8] avente l’aspetto di un castello,[8][9][10] su un terreno di proprietà del doge stesso, nella stessa area occupata dall’odierno Palazzo Ducale. L’edificio fu completato sotto Pietro IV Candiano (in carica dal 959 al 976); doveva trattarsi di una struttura piuttosto solida,[11] perché riuscì a resistere a una rivolta popolare del 976.[12]
Nel 998 Ottone III, recatosi a Venezia per incontrare il doge Pietro II Orseolo,[13] venne alloggiato nella torre orientale del palazzo,[14] rimanendo colpito dal lusso degli interni.[15] Nel palazzo furono ospitati pure Enrico IV di Franconia, quando nel 1094 venne a Venezia per vedere le spoglie di Marco evangelista,[16] e Enrico V nel 1116, dopo una ristrutturazione, non attestata dagli storici dell’epoca,[17] conseguente a due incendi[16] scoppiati in città nel 1105.
Ampliamenti:
La prima grande ristrutturazione in stile bizantino, forse a cura di Nicolò Barattiero,[18] che aveva eretto le colonne di San Marco e San Todaro e realizzato in una primaria forma il ponte di Rialto,[18] risale al dogado di Sebastiano Ziani,[8] accompagnata da una più generale riorganizzazione dell’area monumentale di piazza San Marco[19] avvenuta tra il 1173 e il 1177,[20] finalizzata a dare una sede alle varie magistrature.[8] L’opera constò probabilmente nell’edificazione dell’ala prospiciente il rio di Palazzo su terreni acquistati dalle monache di San Zaccaria[21] e nell’ampliamento delle aree marginali dell’edificio, determinando una consistente riduzione del molo. Al termine dei lavori papa Alessandro III e Federico Barbarossa, che grazie all’intermediazione dogale avevano sottoscritto un trattato di pace,[20] giunsero a Venezia, ove l’imperatore rimase ospite a palazzo per due mesi.[20]
Nonostante il palazzo non sia stato oggetto di alcuna ristrutturazione fino al 1301,[22] svariati interventi ebbero luogo in quegli anni: una cappella dedicata a san Nicolò[23] fu edificata da Pietro Ziani per ex voto di Enrico Dandolo, le storie della lotta tra Chiesa e Impero furono dipinte nella Sala del Maggior Consiglio[24] mentre, sotto i dogi Renier Zen, Lorenzo Tiepolo e Giovanni Dandolo, fu selciata la piazza,[25] fu introdotto il cerimoniale d’incoronazione, fu eretta una loggetta ai piedi del campanile[26] e fu riportato il molo alle antiche dimensioni.[27]
Pietro Gradenigo emanò un provvedimento[28] che produsse un forte aumento del numero dei consiglieri (da 317 nel 1264 a 1017 nel 1311)[29] e che di conseguenza rese necessario il trasferimento del Maggior Consiglio, collocato attorno al 1301 nella Sala oggi detta del Senato.[30][31] Nel 1309, appena dopo questa ristrutturazione, i cui autori potrebbero essere stati Pietro Basejo[32][33] o l’architetto Montagnana, citato dal Sansovino[34] e dal Temanza,[35] la sala si dimostrò troppo piccola[36] e furono aperti cantieri nell’ala meridionale,[37] che fu subito abbattuta e poi ripristinata entro il 1340.[38] La prosperità economica del dogato di Giovanni Soranzo diede un grande impulso al cantiere,[39] diretto da Pietro Basejo coll’assistenza di Filippo Calendario.[39][40]
Sempre nell’ambito di questa ristrutturazione, la cappella di San Nicolò venne ampliata e decorata con le storie di Alessandro III, forse dal Guariento o da un non meglio precisato Paolo,[41] al pianterreno vennero realizzate una gabbia per leoni e delle nuove celle[42] e nel 1332 vennero sistemati i pozzi del cortile.[43] Un documento relativo alla realizzazione di un leone marciano fa ritenere che l’accesso monumentale al palazzo in questo periodo fosse simile a quello attuale.[43] Nel 1340 si diede ordine di completare il secondo piano dell’ala meridionale[44][45] nella quale, sotto la direzione del Calendario e del Basejo,[46] dopo un altro piccolo ampliamento, si operò lungo la facciata interna della Sala del Maggior Consiglio,[44] edificando una scala e la relativa porta. A causa della partecipazione di vari addetti ai lavori alla congiura ordita da Marin Falier e di un’epidemia di peste, intorno al 1355 i lavori furono sospesi,[47] per esser poi ripresi da Lorenzo Celsi, pesantemente criticato per questa sua decisione.[48] Sotto Marco Corner venne decorata dal Guariento e dal Pisanello la Sala del Maggior Consiglio[49] ma, a causa di una serie di guerre che indebolirono economicamente la Repubblica, i lavori furono nuovamente interrotti sino a quando Michele Sten diede incarico di riprenderli.[50]
Dopo che nel 1404 fu edificato il balcone che s’affaccia sulla laguna,[50] Tommaso Mocenigo riuscì con difficoltà a far ristrutturare pure il fronte sulla piazzetta San Marco:[51] i lavori s’avviarono nel 1424,[52] dopo che il Maggior Consiglio aveva ritrovato la sua originaria collocazione.[53] Il nuovo restauro si compì sotto Francesco Foscari, per opera dei Bon: venne eretta con vari ritardi la Porta della Carta,[54] il cui cantiere non si concluse prima del 1452.[55] Sotto Pasquale Malipiero venne completato il fronte verso la Piazzetta e furono dipinte le storie di Pipino e un mappamondo,[56][57] mentre sotto Cristoforo Moro venne eretto l’Arco Foscari, sempre a cura dei Bon e sempre con un notevole ritardo.[56] Nel 1468 la sala che poi sarebbe stata detta dello Scrutinio venne detta della Libreria, perché vi furono collocate le opere donate dal cardinale Bessarione,[56] mentre nel 1473 si decretò di sostituire alcune delle opere della Sala del Maggior Consiglio, rovinatesi per le infiltrazioni: nei lavori, che si protrassero fino al 1495, furono impegnati tra gli altri Giovanni e Gentile Bellini, Giorgione, Tiziano, Tintoretto e Paolo Veronese.[58]
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