ADHD (Attention-Deficit/
Lo rivela uno studio pubblicato sul The Journal of Clinical Psychiatry, nel quale si afferma che l’aumento verificato negli ultimi anni riguarda in particolare le femmine e le minoranze. Il co-autore dello studio Sean Cleary, ricercatore di salute pubblica alla George Washington University, spiega che i tassi delle diagnosi sono cresciuti del 43% dal 2003 al 2011, passando dall’8,4% al 12%. Si tratta di un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale, che nel 70-80% dei casi coesiste con uno o più altri disturbi (fenomeno definito comorbilità), aggravandone la sintomatologia e rendendo quindi complessa sia la diagnosi sia la terapia. I disturbi più frequentemente associati con l’ADHD sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i disturbi d’ansia e con minore frequenza la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic, e il disturbo bipolare.Per la normalizzazione del comportamento di alcuni pazienti iperattivi e con deficit d’attenzione si sono rivelati efficaci, unitamente a terapie comportamentali, ad interventi psicoterapeutici, a cambiamenti dello stile di vita e dell’alimentazione (uno studio del 2007 suggerisce una correlazione tra il consumo di alcuni additivi alimentari e ADHD), anche trattamenti con psicofarmaci contenenti metilfenidato o atomoxetina, sebbene diverse critiche siano state mosse sull’uso di questi medicinali, specialmente quando somministrati a soggetti in età evolutiva.
La diagnosi di Adhd è in ogni caso essenzialmente clinica, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, e si basa sull’osservazione e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple e diversificate quali genitori, insegnanti, educatori. Il disturbo va sempre differenziato dalla vivacità dei bambini normali, dalle condizioni legate esclusivamente a contesti sociali svantaggiati, a esperienze traumatiche, ad atteggiamenti educativi incongrui e a modelli sociali o familiari fortemente caratterizzati da impulsività. Il consenso e la cooperazione dei genitori sono, d’altra parte, cruciali per la valutazione del bambino in generale e per il successo degli interventi psicoeducativi e terapeutici.