Nuova era glaciale imminente? Tutto quello che c’è da sapere sull’allarme diffuso sul web

terraDopo una serie di dichiarazioni più o meno smentite o ridotte soltanto ad ipotesi non confermate dall’intera comunità scientifica, adesso un nuovo allarme sul web diffuso dopo il rilascio da parte della NASA  di alcune immagini che dimostrerebbero un Sole apparso “liscio”, privo cioè delle caratteristiche macchie solari e con la superficie relativamente calma. Quanto basta per diffondere articoli allarmanti su una “imminente era glaciale entro il 2019″. Ma scopriamo insieme i singoli passaggi e le dichiarazioni dal mondo scientifico.

Sarebbe la quarta volta in un anno che la faccia del sole appare piatta, secondo alcuni la definitiva dimostrazione che l’attività solare è in rapido calo. Se considerato questo aspetto in maniera singolare, tutto ciò vorrebbe dire che il Sole sta diminuendo velocemente la sua attività, più di quanto non abbia mai fatto nel corso degli ultimi 10.000 anni.

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La grande riduzione di attività delle macchie solari, secondo quanto rivelano gli studiosi, potrebbe significare che la Terra è in procinto di entrare in una fase fredda. L’ultima volta che le macchie solari scomparvero a un ritmo così rapido infatti si verificò durante l’ultima famosa era glaciale.

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Il meteorologo Paul Dorian ritiene che questo forte calo dell’attività solare possa essere un segno inequivocabile: “È giusto dire che un’attività solare così debole per un periodo prolungato di tempo può avere un impatto sul raffreddamento della troposfera, la parte inferiore dell’atmosfera in cui tutti viviamo” ha spiegato lo studioso. Il punto di vista di Dorian è supportato dalla ricerca guidata dalla professoressa Valentina Zharkov della Northumbria University, secondo cui l’era glaciale arriverà sulla Terra tra il 2020 e il 2050. “Sono assolutamente convinta della nostra ricerca” –  ha spiegato la ricercatrice – “Ha un buon background matematico e dati affidabili, ed è stata gestita correttamente. I nostri risultati possono essere ripetuti con qualsiasi ricercatore con dati simili disponibili in molti osservatori solari”. E il caso di iniziare a preoccuparsi? Un’era glaciale entro il 2019 è pericolo reale o solo l’ennesimo allarme infondato sul web?

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Una risposta potremmo averla dalle stesse macchie solari protagoniste di questa notizia allarmistica:  studiarle ci aiuta a misurare l’attività solare con cui sono correlate. Durante il cosiddetto minimo di Munder (dal 1645 al 1715) le macchie solari si ridussero notevolmente in contemporanea con la piccola Era glaciale. Si, avete capito bene, una piccola era Glaciale si verificò già nella Storia moderna. All’epoca, i lunghi periodi di gelo portarono la città di Londra a organizzare delle Fiere del ghiaccio lungo il fiume Tamigi. All’epoca si osservò una drastica diminuzione delle macchie solari durante le rudimentali osservazioni (si parla di un rapporto di 40 a 10.000 macchie solari dei giorni nostri).

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Se la correlazione con l’attività solare è molto probabile, quella con l’ultima Era glaciale è estremamente forzata, dal momento che si stima sia avvenuta dal 1300 al 1850, mentre l’intensità dell’attività solare ricominciò ad aumentare fin dal 1700.

Tra il XVI e il XIX secolo i lunghi periodi di gelo portarono la città di Londra a organizzare delle Fiere del ghiaccio lungo il fiume Tamigi, i Thames Frost Fair (in un'immagine del 1683-84)
Tra il XVI e il XIX secolo i lunghi periodi di gelo portarono la città di Londra a organizzare delle Fiere del ghiaccio lungo il fiume Tamigi, i Thames Frost Fair (in un’immagine del 1683-84)

Trend di raffreddamento ininfluente. Nonostante sia stato registrato un “trend di raffreddamento” del Sole a partire dal 1975 (altri studi lo fanno risalire agli anni ’60) vi sono anche dati che confermano il riscaldamento globale. Tra i vari studi in merito citiamo uno del 2005, “Solar activity, cosmic rays, and Earth’s temperature: A millennium-scale comparison”, eseguito da un team di geofisici di diverse università finlandesi e tedesche. Vi si conclude che la correlazione è ininfluente, per tanto si deve deputare il riscaldamento globale ad altri fattori. Oggi sappiamo che gli esseri umani stanno giocando un ruolo determinante. In questo post trovate un’abbondante sitografia di studi in merito.

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L’allarme riguardo ad una imminente Era glaciale avviene anche a causa di un tweet della Nasa ch’è una analisi delle eclissi da parte del Sdo (Solar Dynamics Observatory). C’è anche chi fraintende parlando di “spegnimento del Sole”, mentre sappiamo che la nostra stella ha ancora cinque miliardi di anni di vita davanti a sé. Si tratta per altro di una notizia allarmista di almeno un anno fa, messa in giro da siti sensazionalisti, come fa notare il Ceo di debunking.it David Puente.

Le fonti distorte. La fonte principale degli studi riguardante un calo delle macchie solari – al punto da innescare una glaciazione – sarebbe il Met, l’ente meteorologico inglese. Non risultano tuttavia comunicati in merito da parte dell’organizzazione. Alla fine si scopre che tutto parte dal fraintendimento di uno studio del 2014, presentato in un convegno del National astronomy meeting dalla coautrice Valentina V. Zharkova. Effettivamente sono previsti cicli solari più deboli. Secondo la Zharkova – come riportato nel debunking di Focus: “l’attività solare nel 2030 si ridurrà del 60% rispetto alla media”. Il fraintendimento nasce dal supporre che la capacità del Sole di riscaldarci sia direttamente proporzionale alla suddetta “attività”, questa invece indica numerosi fattori oltre al mero riscaldamento ed è misurata nell’ambito di cicli di undici anni. La correlazione non sarebbe fondata nemmeno riguardo all’attività di El Nino o altri fenomeni climatici simili.

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Ancora una volta non ci sono scuse. Il riscaldamento globale esiste e noi siamo tra i principali responsabili. Prendersela col Sole auspicando improbabili glaciazioni non servirà a negarlo.

Le ricerche “allarmanti”  confermerebbero, almeno in parte, le dichiarazioni di Victor Manuel Velasco Herrera, un fisico teorico e ricercatore presso l’Istituto di Geofisica dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) che nel corso del 2014 riportò diverse dichiarazioni citando sempre l’osservazione delle attività solari. In quel caso il ricercatore fu sostanzialmente deriso e smentito dalla comunità internazionale. Conclusioni molto simili furono rese note anche da Richard Harrison, dell’RutherfordAppleton Laboratory (nell’Oxfordshire), il quale dichiaro che l’attività solare avrebbe potuto calare in maniera drammatica entro i prossimi 40 anni. Dichiarazioni separate nel tempo ma accomunate da informazioni molto simili tra loro.

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Ma come riportammo già tempo fa,  meno allarmante e molto differente risulta invece la ricostruzione del Notiziario online dell’Istituto Nazionale di Astrofisica italiano (MEDIA INAF), che nel corso del 2015 intervistò Mauro Messerotti, esperto di fisica solare presso l’INAF-Osservatorio astronomico di Trieste:

Partiamo dallo studio all’origine di questa previsione, il modello presentato da Valentina Zharkova al meeting in Llandudno. Di che si tratta?

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«Il Sole è un sistema fisico complesso nel quale operano vari meccanismi concorrenti che hanno natura caotica. Questo rende molto difficile la previsione dell’evoluzione futura dei fenomeni che osserviamo sulla nostra stella, dal campo magnetico generale a quello localizzato nelle macchie solari, ecc. Infatti ciascun ciclo di attività solare è diverso da tutti gli altri per durata, intensità massima e forma. E questo vale sia per il ciclo undecennale delle macchie solari che per quello ventiduennale dei campi magnetici.

Vari modelli sono stati proposti per prevedere il ciclo di attività (ne esistono molte decine), e alcuni di essi cercano di riprodurre l’evoluzione del meccanismo della dinamo solare, che è alla base della formazione delle macchie solari. A causa della natura caotica dei processi solari (e ciò vale anche per quelli che esibiscono una caoticità di tipo deterministico) la previsione dell’evoluzione futura del ciclo di attività non ha ancora condotto a risultati soddisfacenti. La recente riprova è stata l’inadeguatezza nel prevedere il ciclo attuale, preceduto da un prolungato minimo e di modesta intensità.

Il metodo di Zarkhova e collaboratori considera un meccanismo basato su due processi di dinamo distinti che operano nel Sole a profondità diverse e con fasi diverse, i cui effetti si rinforzano oppure si cancellano a seconda del periodo considerato. Gli autori hanno inoltre applicato con successo il loro modello su tre cicli di attività e l’hanno quindi usato per prevedere l’andamento futuro del ciclo, che indicherebbe un’evoluzione verso un indebolimento significativo dell’attività solare nei prossimi decenni».

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Ed è una previsione affidabile?

«Il modello è certamente originale e promettente, ma necessita, secondo me, di ulteriori verifiche prima che possa essere assunto come uno strumento operativo. Ciò è prassi comune nella meteorologia dello spazio: gli scienziati formulano un modello, ma prima che esso divenga strumento di previsione deve essere verificato per comprenderne i limiti e le capacità, un processo che di solito richiede molti decenni.

In particolare servono dettagliate osservazioni eliosismologiche per confermare la possibilità che esista un processo di dinamo più superficiale, in regioni dove la turbolenza è molto elevata. Oltre a questo, il modello deve essere verificato sul maggior numero possibile di cicli. Anche così, la caoticità del Sole potrebbe rendere incerta la previsione.

Per dare un’idea del problema possiamo fare una serie di considerazioni. Supponiamo infatti che il ciclo di attività solare abbia iniziato a manifestarsi 4,6 miliardi di anni fa. Ciò significa che ad oggi il Sole ha esibito 418 milioni di cicli undecennali, di cui quelli codificati scientificamente dal 1750 sono 24, quelli verificatisi dall’inizio dell’Era Spaziale (1957) sono 5 e quelli studiati compiutamente da sonde spaziali sono solo 2. Ecco perché servono studi sistematici e diacronici (a lungo termine) del Sole: per comprenderne meglio la fisica ovvero per poter verificare la modellistica».

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Ma quel 60% di attività solare in meno ripreso da molti media, anche qui in Italia, allora? Si sono visti titoli che annunciano, per il 2030, un possibile “crollo delle temperature”, una “mini-era glaciale”…

«L’andamento degli ultimi cicli di attività solare sembra indicare un indebolimento progressivo dell’attività, ma gli aspetti evidenziati ci rendono cauti nell’accettare previsioni a lungo termine, poiché non abbiamo ancora un modello “definitivo” che ci garantisca un elevato livello di confidenza.

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Oltre all’incertezza dei modelli, ci sono altri fondati motivi per considerare azzardato affermare che ci stiamo avviando verso un’era glaciale perché l’attività solare si ridurrà del 60%.

Innanzitutto, come sottolinea il Pannello Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC) dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il nostro livello di comprensione scientifica sul ruolo del Sole nei cambiamenti climatici è ancora molto basso. Sicuramente la radiazione solare più energetica (X ed UV) varia fino ad un fattore 10 dal minimo al massimo di attività e ha un ruolo nella termodinamica dell’atmosfera terrestre, ma i meccanismi sono complessi ed ancora non completamente compresi.

Probabilmente variazioni a lungo termine dell’irradianza spettrale del Sole concorrono a modificare l’Oscillazione Artica (AO) e quella Nord-Atlantica (NAO) della pressione atmosferica a livello del mare, modificando intensità e direzione dei venti occidentali e delle perturbazioni. Ma studi e analisi sono in corso, e non esiste una risposta definitiva. Quindi, nonostante diverse indicazioni siano state identificate, non siamo assolutamente certi che una diminuzione di attività solare prolungata possa condurre a una glaciazione sulla Terra».

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Provando ad azzardare una stima, però, la temperatura potrebbe scendere? E se sì di quanto?

«Gli studi del paleoclima evidenziano variazioni di temperature globali nel passato della Terra in associazione con diminuzioni prolungate per decenni dell’attività solare. La diminuzione di temperatura globale stimata per i casi più recenti è dell’ordine di 1 grado centigrado, che non è certo trascurabile».

Quali sono i casi più recenti? Quello al quale fa riferimento Valentina Zharkova, per esempio, la “mini era glaciale” iniziata del 1645?

«Gli studi climatologici indicano che la Piccola Era Glaciale si è verificata sulla Terra tra il 1550 ed il 1850, evidenziando tre periodi particolarmente freddi alle latitudini intermedie ad iniziare, rispettivamente, dal 1650, 1770 e 1850. Mentre l’attività solare ha presentato una serie di periodi a livelli minimi dal 1280 al 1350 (70 anni, Minimo di Wolf), dal 1460 al 1550 (90 anni, Minimo di Spoerer), dal 1645 al 1715 (70 anni, Minimo di Maunder) e dal 1790 al 1830 (40 anni, Minimo di Dalton). Sia le cronache dell’epoca che gli studi scientifici evidenziano una diminuzione di temperature in corrispondenza a tali periodi.

D’altra parte la loro durata e la loro collocazione temporale suggeriscono come sia impossibile identificare periodicità ben definite di tali fenomeni, che avvengono, evidentemente, a scale temporali diverse e questo complica il quadro fenomenologico e quindi la sua previsione a lungo termine».

Insomma, parlare di scenari inquietanti e di rischio di glaciazioni imminenti pare sia ancora prematuro…

«A mio avviso, la previsione relativa al 2030 ha una margine di incertezza molto elevato, che deriva dal comportamento caotico dei processi solari, dalla limitata comprensione che di essi abbiamo e dalla inevitabile semplificazione introdotta dai modelli, la cui verifica a lungo termine è una necessità irrinunciabile».

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