La Soyuz – un nome che in russo significa unione – è rimasta l’unica navicella in grado di trasportare astronauti verso la Stazione spaziale dopo la dismissione dello Space Shuttle della Nasa nel 2011, e per l’occupazione di ogni angusto sedile agenzie spaziali di tutto il mondo devono pagare un biglietto del costo attorno ai 90 milioni di dollari. Lo ricorda Media Inaf:
“Dopo lo sgancio dalla ISS, effettuato grazie a meccanismi a molla, il rientro della Soyuz a Terra avviene in circa 3,5 ore, passando tutta una serie di delicate fasi, spiegate in questo video che l’Esa produsse nel 2013 a partire da reali lezioni per astronauti alle prime armi con la navicella russa.
Inizialmente la Soyuz scivola via dolcemente, mentre gli astronauti controllano dall’interno che il distacco proceda regolarmente. Dopo 3 minuti, viene effettuata una prima accensione dei motori laterali per 15 secondi che porta la Soyuz a distanza di sicurezza dalla Stazione. La spinta successiva, chiamata “deorbit burn”, è quella cruciale per rallentare la velocità della navicella e instradarla sulla traiettoria di rientro attraverso l’atmosfera terrestre, manovra per cui la Soyuz impiega il motore principale, collocato nella parte posteriore, aiutato dall’effetto frenante dell’atmosfera sempre più densa…” – il viaggio termina con un’esplosione finale dei razzi a 70 cm di distanza dal suolo. Quest’ultimo passaggio appare necessario per ridurre significativamente la potenza dell’impatto. Tutte le fasi, dalla partenza della Stazione Spaziale, sino al ritorno sulla Terra, sono descritte in questo breve ma interessante webdoc diffuso da Media Inaf:
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