Scienziati riescono a creare cellule invisibili usando il gene di un calamaro

Secondo alcune fonti giornalistiche e scientifiche internazionali, un gruppo di scienziati sarebbe riuscito a creare delle cellule organiche invisibili:

Per ottenere questo risultato, gli scienziati hanno prelevato un gene da una specie di calamaro, riporta New Atlas ottenendo l’invisibilità delle cellule. In particolare, i ricercatori hanno ingegnerizzato le cellule umane per produrre una proteina di calamaro nota come riflettina, che disperde la luce per creare un senso di trasparenza o iridescenza. Non solo è un bizzarro trucco da festa, ma capire come hackerare tratti specifici nelle cellule umane offre agli scienziati una nuova strada per comprendere il funzionamento della rete genetica sottostante. Sarebbe affascinante vedere questa ricerca aprire la strada ad un futuro discutibile, con esseri umani geneticamente modificati capaci di usare poteri di invisibilità, anche se non è di questo che tratta questa ricerca:

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Piuttosto, gli ingegneri biomolecolari dell’Università della California e Irvine dietro lo studio pensano che la loro tecnica di hacking genetico potrebbe dare origine a nuovi materiali per la diffusione della lucesecondo una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications. O, ancora più in generale, la ricerca suggerisce che gli scienziati che studiano altri tratti genetici potrebbero imitare la loro metodologia, presentando un mezzo per utilizzare le cellule umane come una sorta di sandbox di bioingegneria. Quella sandbox potrebbe rivelarsi utile, poiché il team guidato dal ricercatore Irvine Alon Gorodetsky è riuscito a far sì che le cellule umane integrino completamente le strutture che producono le proteine ​​​​riflettenti. Fondamentalmente, l’hacking genetico ha preso piede. “Attraverso la microscopia di fase quantitativa, siamo stati in grado di determinare che le strutture proteiche avevano caratteristiche ottiche diverse rispetto al citoplasma all’interno delle cellule” – ha detto Gorodetsky a New Atlas – “in altre parole, si sono comportate otticamente quasi come in i loro leucofori cefalopodi nativi”. A tal proposito, riportiamo qui sotto il link ad un video-approfondimento (in lingua inglese) diffuso sul web:

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