“L’aurora boreale osservata in Italia non era un’aurora boreale” – un’affermazione che sta facendo molto discutere ma che merita i dovuti approfondimenti (come anche le dovute cautele). Partiamo infatti con il presupposto che l’assolutismo, in questo caso scientifico, non andrebbe subito preso alla lettera in quanto sarebbe formulato in un contesto ancora in fase di dibattito aperto. Ci sembra quindi doveroso condividere con i nostri lettori le nozioni basali che riguardano entrambi i fenomeni naturali: l’aurora boreale è un fenomeno ottico che si verifica nell’atmosfera terrestre a causa dell’interazione tra le particelle cariche del vento solare e i gas dell’atmosfera. Le aurore boreali sono solitamente visibili alle latitudini polari, ma possono essere visibili anche a latitudini più basse in caso di tempeste geomagnetiche particolarmente intense. Il Sar, o “scintillio atmosferico radio“, è un fenomeno simile all’aurora boreale, ma si verifica nella ionosfera, la parte più alta dell’atmosfera. SAR sta per “Stable Auroral Red arches“, archi rossi aurorali stabili ed è un acronimo che indica quel raro fenomeno causato dall’interazione tra le onde radio e le particelle cariche dell’atmosfera ma all’infuori dell’aurora boreale. I SAR si formano infatti più a sud dell’anello aurorale vero e proprio e rappresentano fenomeni di difficile interpretazione. Diversamente dall’aurora boreale, i Sar non sono prodotti dal vento solare, ma dalle fasce di Van Allen, due vaste cinture di radiazioni che circondano il pianeta Terra. All’interno di queste fasce vi è infatti un campo magnetico terrestre confina le particelle in arrivo dal Sole. La zona più interna di queste cinture è composta principalmente da protoni ed elettroni lenti, la parte più esterna, invece, è fatta da elettroni veloci. Nel contesto, queste particelle, ruotando attorno alla Terra, producono correnti elettriche particolarmente estese in moto da est verso ovest, chiamate “correnti ad anello”. Si tratta di correnti molto potenti, capaci di generare un notevole campo magnetico antitetico a quello terrestre, misurabile dalla superficie: si tratta proprio dell’indice Dst. Più le correnti si intensificano, più l’indice Dst diventa negativo. Ad inizio novembre 2023, nell’arco di pochi minuti, i cieli delle latitudini intermedie si sono accesi della spettrale luce rossa del presunto SAR. Occorre ricordare che per “misurare” un’aurora boreale si utilizzano solitamente due distinti indici:
L’indice Kp – che misura il disturbo magnetico alle alte latitudini – cui indice aumenta l’intensita in base all’innalzamento del flusso di particelle solari. Tale innalzamento si rivela proporzionale allo spostamento nella direzione meridionale: più l’indice si rivelerà intenso, più l’aurora boreale potrà spingersi più a Sud. In alcuni casi è stato così possibile appurare la registrazione di un indice al livello 8 o addirittura 9, con aurore boreali che possono quindi, scientificamente parlando, raggiungere l’Italia. Per fare in modo che tale circostanza possa verificarsi è però necessario che la Terra sia interessata da una tempesta solare particolarmente potente, di portata notevole se non eccezionale. L’idea che il fenomeno registrato ad inizio novembre non possa essere stato un’aurora boreale, dunque, non gode di certezze assolute ma di ipotesi oggetto di dibattito. L’indice Dst invece misura il disturbo magnetico a medie latitudini, ed è direttamente collegato alle condizioni della magnetosfera: in questo metodo di misura, i valori più estremi (negativi per il Dst) sono proporzionali a quelli delle tempeste più potenti. Tuttavia, il fenomeno registrato a novembre 2023 ha raggiuno “solo” quota 7, valore che corrisponde a una tempesta geomagnetica di classe G3 (su una scala da G1 a G5), potenza che escluderebbe un’aurora boreale estesa nel Sud dell’Europa. L’aurora boreale osservata in Italia il 5 novembre 2023 presentava alcune caratteristiche che la rendevano simile al Sar, piuttosto che all’aurora boreale. In particolare, l’aurora boreale italiana era caratterizzata da:
Un colore predominante rosso, che è tipico del Sar, ma non dell’aurora boreale, che può presentare una varietà di colori, tra cui verde, blu e rosso. Una forma a bande, che è tipica del Sar, ma non dell’aurora boreale, che può presentare una varietà di forme, tra cui archi, ovali e lingue. Una posizione geografica a latitudini basse, che è insolita per l’aurora boreale, che è solitamente visibile alle latitudini polari. Tuttavia, ci sarebbe un potenziale punto “a favore” per l’aurora boreale: nella parte iniziale di un filmato girato da una webcam sopra Ortisei, per l’osservazione meteorologica nella zona del Sassolungo e del Sassopiatto – in val Gardena – è rivelato l’inizio dell’attività geomagnetica alle 18:10 nonché il manifestarsi di un forte bagliore rosso-violetto, evidentemente scarica legata alla corrente ad anello prima menzionata. Il link al video:
E’ quindi possibile, attualmente, ipotizzare che quanto avvistato in Italia possa rappresentare un Sar ma senza escludere un insolito mix di entrambi i fenomeni naturali. In base a queste caratteristiche, alcuni scienziati hanno concluso che l’aurora boreale italiana non era in realtà un’aurora boreale, ma un Sar. Tuttavia, è comunque plausibile ipotizzare che il fenomeno naturale osservato in Italia fosse una combinazione aurora boreale/sar. In definitiva, la natura dell’aurora boreale italiana del 5 novembre 2023 è ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati.
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