Perché i cani ci amano tanto?

uomo cane
Il lungo cammino dell’uomo si incrociò con le strade canine migliaia di anni fa: a seconda delle diverse ipotesi degli scienziati si va da un minimo di 18.000 fino ad un massimo di 32.000. Da quel momento in poi i destini di queste due specie si legarono strettamente per mai più separarsi: e, in effetti, sia che si tratti di animali domestici, sia che si abbia a che fare con dei randagi amanti della libertà, la capacità di dimostrare affetto del cane nei confronti dell’uomo resta un elemento evidente ed imprescindibile che caratterizza un rapporto che si è evoluto nel tempo all’insegna dell’unicità.

Se per il cane è ancora assai vantaggioso vivere nei pressi delle comunità umane, come lo era ai tempi dei cacciatori – raccoglitori che per primi lo addomesticarono facendone un fido animale da caccia e da guardia, questo dato non è in grado di spiegare del tutto quella sorta di attrazione che nasce nel cane per gli esseri umani e che lo spinge a fare “le feste” a qualcuno, talvolta sconosciuto, e ad aggredire qualcun altro qualora senta che costui può costituire una minaccia per sé o per chi ama. In uno studio reso noto attraverso un paper pubblicato da PLOS ONE, i ricercatori della Eötvös Loránd Univeristy di Budapest, guidati dall’etologa Anna Kis, spiegano come abbiano deciso di indagare in questo misterioso legame capace di dare tanta soddisfazione emotiva all’uomo.

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Si è scelto di valutare il ruolo dell’ossitocina, meglio noto ai profani come “ormone dell’amore” che viene secreto dalla neuroipofisi e che svolge un ruolo fondamentale nel corso della gravidanza e dell’allattamento: obiettivo degli studiosi era valutare in che modo il recettore dell’ormone influisse sul comportamento sociale dei cani, in particolar modo nell’ambito di quel che riguarda il rapporto con gli esseri umani. Così in una prima fase sono state selezionate due razze canine, border collie e pastore tedesco: dagli esemplari scelti è stato prelevato del DNA attraverso la saliva ed analizzato, portando all’identificazione di tre polimorfismi del recettore dell’ossitocina, classificati con le sigle 212AG, 19131AG e rs8679684. Successivamente i ricercatori hanno osservato oltre 200 esemplari prendere parte ad una serie di test per registrare come questi si comportassero in presenza di estranei, persone di famiglia, sconosciuti con aria minacciosa o, magari, quando il padrone si nascondeva dietro un albero. Infine, quindi, è stata la volta di valutare eventuali relazioni tra i polimorfismi del recettore e le reazioni degli animali.

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L’ossitocina non è un semplice interruttore che accende sentimenti positivi ma rientra in uno dei tanti fenomeni non ancora del tutto chiariti dalla scienza: ecco perché lo studio, sebbene limitatamente al mondo dei cani, ha svelato grande utilità anche per comprendere i meccanismi alla base di quello che chiamiamo “ormone dell’amore” ma che può indurre, a seconda delle persone o delle situazioni, a provare anche emozioni fortemente negative. I ricercatori hanno infatti avuto modo di verificare come il recettore dell’ossitocina influisca effettivamente sul comportamento canino: ad esempio, per quanto riguardava il polimorfismo 212AG, sia i pastori tedeschi sia i border collie che possedevano l’allele G mostravano un minore interesse nel rapporto con le persone. Ma nel polimorfismo 19131AG, invece, la presenza dell’allele A dava origine ad una socievolezza decisamente più elevata nei pastori tedeschi e ad una minore nei border collie, ossia effetti diversi per razze diverse.

Un risultato inaspettato che testimonia come i meccanismi genetici e cellulari alla base del comportamento siano ancora ben lungi dall’essere spiegati e chiariti e che apre la strada a nuove indagini: come spiegato da Scientific American il ruolo non univoco dell’ossitocina, infatti, potrebbe essere oggetto di futuri studi tesi a valutarne il peso nell’ambito dell’evoluzione sociale ma anche del comportamento dei mammiferi. E quindi il mistero che potrebbe spiegare quell’amore unico che lega il cane all’uomo per adesso resta tale o, comunque, comprensibile solo in parte.

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Fonte: http://scienze.fanpage.it

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