Modella rapita e “messa in vendita online” in Italia: ecco foto e video diffusi dalla Polizia di Stato

Una modella britannica di 20 anni, avendo risposto ad un finto set fotografico, si era presentata a Milano. Era partita martedì 11 luglio ed era atterrata a Linate da dove poi, si è diretta all’indirizzo dove aveva concordato l’appuntamento con il presunto fotografo.

Una volta giunta sul luogo, la povera ragazza  è stata drogata e segregata in una stanza, ammanettata ai mobili di una stanza. Il carceriere, un polacco, l’aveva fotografata e  le foto caricate sul  web in una vendita che si sarebbe aperta la domenica successiva “con base d’asta 300 mila euro in moneta elettronica bitcoin”.

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Per sette giorni la 20enne è stata nelle  mani del carceriere. Ma per fortuna il suo agente dall’Inghilterra, non  avendo più avuto nessun tipo di comunicazione della ragazza, ha allertato immediatamente le forze dell’Ordine che hanno avviato immediatamente le indagini nel riserbo più totale. Stando a quanto riportato da Il Corriere, non è una gran difesa quella offerta sinora dal 30enne polacco Pavel Lukas Herba, l’unico sinora arrestato dei rapitori della 20enne modella inglese che nel finto set fotografico affittato dall’uomo vicino alla Stazione Centrale di Milano, in via Bianconi 7, dall’11 al 17 luglio ha trovato l’inizio di un incubo: «Una persona con i guanti neri da dietro mi ha messo una mano sul collo ed una sulla bocca», mentre «una seconda persona con un passamontagna nero mi ha fatto un’iniezione nel braccio destro» (pericolosissima ketamina, diranno le analisi): «Credo di aver perso conoscenza perché, quando mi sono ripresa, avevo indosso unicamente il body rosa in ciniglia e i calzini che indosso ora, e ho capito di trovarmi nel baule di un’auto, legati polsi e caviglie, sulla bocca nastro adesivo, messa in un sacco che solo per un piccolo spiraglio mi consentiva di respirare». Nel video della conferenza della Polizia di Stato sono state diffuse anche alcune immagini:

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Nel frattempo il polacco, il lunedì 17 luglio, quindi dopo una settimana dal rapimento, libera la ragazza solo perchè lei aveva un figlio di due anni e, secondo le “regole” , erano escluse le vendite di madri. Ma prima di lasciarla libera l’ha minacciata  dicendole: Non parlare con nessuno, fammi avere 50mila euro o ti eliminiamo“. La porta al consolato britannico per poi fuggire, ma qui viene arrestato. La simulazione effettuata dalla Polizia di Stato:

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Dopo le opportune analisi, l’uomo confessa di aver rapito la ragazza e di averla tenuta per una settimana prigioniera. Le indagini però continuano perché il timore è che, dietro questa brutta vicenda ci sia ben altro. Si teme infatti che ad operare su simili vicende ci sia un un’organizzazione che rapisce ragazze e le mette in vendita sul web. Analizzando le informazioni già pubblicamente diffuse dalle forze dell’ordine, ne emerge un quadro inquietante, su un sistema criminale sommerso che mira alla mercificazione della persona, con violenze sulla donna e sequestro di persona attraverso sistemi monetari privi di controllo, come il bitcoin. Inutile demonizzare lo strumento di transazione digitale, piuttosto si dovrebbe sempre denunciare chi tenta di vendere persone online. Una foto diffusa:

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La giovane, di cui qui si continueranno a non indicare né il nome né l’agenzia destinataria della prima richiesta di riscatto, racconta ai poliziotti della Squadra Mobile e dello Sco, coordinati dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari, e al suo avvocato Francesco Pesce, di aver percepito cinque sequestratori nei vari giorni, ma di averne visti solo due, a partire dal viaggio di quasi tre ore nel bagagliaio di una station wagon verso un casolare di montagna a Lemie (frazione torinese di Borgial, verso il confine con la Francia), ieri riconosciuto in un sopralluogo. Tre soste ogni circa 45 minuti «a causa dei miei continui lamenti e movimenti nel sacco», con uno degli incappucciati che da una bottiglia le butta «acqua gasata direttamente nella bocca». Nel casolare «i due mi hanno agganciato le manette dei piedi e delle mani alla cassettiera, ero costretta a restare sul pavimento in un sacco a pelo». E qui comincia la parte meno chiarita della vicenda, che incrocia l’anticipato (pur condizionato) rilascio della donna con il rebus delle aste online di ragazze rapite dalla «Black Death», l’organizzazione criminale sul web «profondo» scandagliata nel 2016 da un rapporto Europol ma su materiali che ora la Procura milanese scopre prodotti proprio dai computer del polacco arrestato il 17 luglio mentre, lasciando andare l’ostaggio, la riaccompagnava vicino al consolato.

Ecco il luogo in cui la donna è stata imprigionata:

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«Dopo qualche minuto è risalito nella camera un uomo a viso scoperto» (il polacco, ndr) «e mi ha detto in inglese che nel frattempo al telefono il loro capo era furioso in quanto loro avevano preso la persona sbagliata. Io non dovevo essere presa perché il capo aveva visto sul mio profilo Instagram alcune foto da cui era evidente che io sono una mamma con un bambino piccolo, e questo era contro le regole dell’organizzazione che sul deep web tratta a pagamento una serie di crimini, dalla droga agli omicidi: per le ragazze rapite la cifra di asta partirebbe da 300.000 dollari» in bitcoin. VIDEO della Polizia di Stato:

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L’uomo che le parla si fa chiamare MD, a suo dire livello gerarchico «12 su 20» nella gang: «Nonostante fosse contrariato per il mio sequestro, mi ha spiegato che questa prigionia non poteva cessare perché nel frattempo l’organizzazione aveva pubblicato nel deep web due foto scattatemi poco dopo l’aggressione mentre ero incosciente, mostrandomene l’avvenuta pubblicazione su un sito riconducibile ai Black Death: le foto certificavano il fatto che io fossi nelle mani dell’organizzazione, e già alcuni utenti avevano espresso interesse per la mia vendita. Preciso che MD non mi ha mai molestato sessualmente perché l’organizzazione punisce severamente i suoi membri che toccano le ragazze destinate alla vendita all’asta. MD mi ha chiesto di fornirgli tre nomi di persone abbienti da me conosciute in grado di fornire 50.000 euro entro un mese» dal rilascio, «cosa che io ho fatto».

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L’arrestato — rimarcano ora il pm Storari e il capo della Squadra Mobile Bucossi — è «un soggetto pericoloso che presenta aspetti di mitomania», fino a dirsi disponibile a «soluzioni finali» (cioé a fare il killer a pagamento): un mix devastante se in concreto ad esempio droga una ragazza con la ketamina o rischia di farla soffocare nel bagagliaio. «Mi ha detto — racconta la giovane — che solo lui negli ultimi 5 anni aveva guadagnato oltre 15 milioni di euro. Mi ha spiegato che tutte le ragazze sono destinate ai Paesi arabi, che quando l’acquirente si è stancato della ragazza comprata all’asta la può regalare ad altre persone, e che quando non è più di interesse viene data “in pasto alle tigri”».

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