Il più tradizionale piatto della cucina britannica, com’è noto, consiste in filetto di pesce bianco (solitamente gadidi come il merluzzo o l’eglefino) fritto in pastella o impanatura e attorniato da abbondanti patatine, anch’esse fritte, scelte tra le varietà farinose maris piper, king edward o desiree. Viene servito con una spruzzata di sale e di aceto (solitamente di malto), ma può essere accompagnato anche da altre pietanze, spesso piselli (bolliti in modo particolare a formare una zuppa grumosa).
La più prudente delle ricerche sul punto avrebbe svelato che almeno il 7% del pesce smerciato per merluzzo sarebbe invece altro.
È chiaro che tale sorprendete rivelazione da parte della principale tv britannica solleva almeno tre questioni rilevanti. In primo luogo un’evidente violazione dei diritti dei consumatori che in casi del genere subiscono una vera e propria truffa perché non in grado di conoscere con sufficiente certezza se il prodotto acquistato è conforme a quello dichiarato. Dall’altro lato si pongono chiari problemi di sicurezza alimentare e ambientale.
Sono anni, infatti, che anche per l’innalzamento (in melius per i consumatori) del livello della normativa europea nel campo della tracciabilità dei cibi, in tutta l’UE si sono stabilite ferree regole che consentono la possibilità di risalire ai metodi di pesca utilizzati per valutarne l’impatto con l’ecosistema, ed al contempo gli eventuali sistemi di allevamento.
Ciò che sorprende e dovrebbe inquietare anche le autorità sanitarie italiane, sottolinea Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è che ricerche analoghe siano state già effettuate non solo in Gran Bretagna, ma anche nel resto dell’Unione ed hanno rivelato che una quantità pari tra un quarto e un terzo dei prodotti a base di pesce contiene specie diverse da quelle specificate sulle etichette.
Vi è da dire che ad oggi non possiamo annunciare se si tratta di un vero e proprio “Fishgate” perché non è semplice quantificare con i sistemi attuali l’esatta ampiezza del fenomeno.
A questo punto, non resta che imporre il rispetto delle regole sulla tracciabilità e sanzionare pesantemente gli importatori e i commercianti di prodotti del pescato che violano le regole del mercato comune.
Lecce, 2 aprile 2013
Giovanni D’AGATA