Se nel Medioevo c’erano italiani che sapevano dell’esistenza dell’America perché fu cancellata dalle mappe successive? Il manoscritto italiano che cambia la Storia

Che l’America fosse ben nota all’umanità secoli prima dalla sua “scoperta casuale” da parte di Cristoforo Colombo è un dato oramai certo:

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a dimostrazione di questo, sono, ovviamente, le numerose tracce di civiltà perdute native americane ma anche di quelle preistoriche, giunte evidentemente nel nuovo mondo attraverso percorsi sul ghiaccio dal Nord Europa, passando dal Polo Nord e quindi scendendo sino al nuovo continente. A queste, però, vi è un periodo storico che parte dall’età classica (per intenderci, quella greco-romana) sino al Medioevo che, in questo argomento specifico, appare alquanto magra. Una riduzione della conoscenza che avrebbe, qualche secolo più tardi, dato valore alla scoperta di Colombo. Se i sospetti di un’America parzialmente nota persino alla cultura Romana sarebbero avvalorati da alcune affascinanti ipotesi, il fatto che i cosiddetti Vichinghi fossero stati capaci di toccare o quantomeno “sfiorare” il Nord America rappresenta più di una semplice ipotesi. A conferma di ciò vi è anche un documento risalente al XIV secolo:

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Parliamo dell’opera Cronica universalis, scritta a mano in latino nel 1340 dal frate milanese Galvaneus Flamma (in italiano, Galvano Fiamma, 1283 – c. 1345), contiene al suo interno un inaspettato riferimento ad una terra chiamata Marckalada ( terra que dicitur Marckalada ), situata ad ovest della Groenlandia. Questa terra è riconoscibile come la Markland menzionata da alcune fonti islandesi e identificata come una parte della costa atlantica del Nord America. Il riferimento di Galvaneus Flamma, probabilmente derivato da fonti orali ascoltate a Genova, rappresenta, di fatto, la prima citazione del continente americano nell’area mediterranea, e testimonia la circolazione — fuori dall’area nordica e 150 anni prima di Cristoforo Colombo — di narrazioni su terre oltre Groenlandia, secondo un articolo pubblicato nel Terrae Incognitaeil giornale della Società per la Storia delle Scoperte. “Siamo in presenza del primo riferimento al continente americano, seppure in forma embrionale, nell’area mediterranea”, ha affermato il professor Paolo Chiesa, ricercatore presso il Dipartimento di Studi letterari, filologici e linguistici dell’Università degli Studi di Milano. “Galvaneo Flamma era un frate domenicano che viveva a Milano ed era imparentato con una famiglia che deteneva la signoria della città. Ha scritto diverse opere letterarie in latino, principalmente su argomenti storici. La sua testimonianza è preziosa per informazioni sui fatti milanesi contemporanei, di cui ha una conoscenza diretta”. Scoperto per la prima volta nel 2013, si pensa che la Cronica universalis sia una delle opere successive di Galvaneus Flamma – la data approssimativa è 1339-1345 – ed è rimasta incompiuta e non perfezionata. Mira a dettagliare la storia di tutto il mondo, dalla Creazione a quando è stato esplorato dall’uomo:

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“Le notizie riportate da Galvaneus su Marckalada/Markland, così come quelle sulla meno evanescente Groenlandia, restano isolate, e non c’è traccia di una prima ricezione né nei trattati geografici latini né nella cartografia mediterranea”, ha detto il professor Chiesa. “Se Genova era la porta di queste notizie, resta da spiegare perché nessuna menzione di queste terre sembra trovarsi nelle mappae mundi o portolani genovesi del XIV secolo, né in quelle prodotte a Maiorca e in Catalogna, strettamente legate alla Tradizione genovese, anzi queste carte non disdegnano di servirsi di nozioni desunte da fonti orali, come fanno i viaggiatori e i mercanti“. “Questo fatto suggerisce uno scenario di informalità:

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i genovesi erano interessati a sfruttare le voci dei marittimi sulle terre dell’estremo nord-ovest per un eventuale vantaggio commerciale, ma queste voci erano troppo vaghe per trovare consistenza nelle rappresentazioni cartografiche o accademiche”. La narrazione di Galvaneus porta prove senza precedenti alla speculazione che notizie sul continente americano, derivate da fonti nordiche, circolassero in Italia un secolo e mezzo prima di Colombo,”Il Marckalada descritto da Galvaneus è ‘ricco di alberi’, non diversamente dal Markland boscoso della Grœnlendinga Saga, e gli animali vivono lì”, ha ricordato il professor Chiesa. Questi dettagli potrebbero essere standard, distintivi di ogni buona terra; ma non sono banali, perché la caratteristica comune delle regioni settentrionali è quella di essere desolate e aride, come è effettivamente la Groenlandia nel racconto di Galvaneo, o come l’Islanda è descritta da Adamo di Brema:

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Non abbiamo prove che i marittimi italiani o catalani abbiano mai raggiunto l’Islanda o la Groenlandia in quel momento, ma erano certamente in grado di acquistare da mercanti nordeuropei merci di quella provenienza da trasportare nell’area del Mediterraneo“, ha aggiunto. “I marinarii citati da Galvaneus possono inserirsi in questa dinamica: i genovesi potrebbero aver riportato nella loro città notizie sparse su queste terre, alcune vere e altre fantasiose, che avevano sentito nei porti settentrionali da marinai scozzesi, inglesi, danesi, norvegesi con che stavano commerciando“.

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