Come riconoscere i vari tipi di fossile di trilobite? I trilobiti, lo ricordiamo, sono una specie estinta di artropodi marini risalenti all’età paleozoica ed esclusivi di quell’era geologica. Tuttavia, gli appassionati di questi fossili divrebbero sempre tener presente che le tracce incastrate tra la roccia di questi strani organismi sono suddivise in svariate specie piuttosto differenti tra loro:
Nella foto un esempio lungo 5 pollici (5,08 centimetri-) della specie del Basso Cambriano Bristolia insolens. Si distingue facilmente per le spine ad angolo unico che emergono dai lati della testa. Mentre i trilobiti con scudi disarticolati sono reperti relativamente comuni in tutti gli Stati Uniti occidentali, esemplari completi come questo sono invece estremamente rari. Quello qui sotto, ad esempio, è un fossile di Cheirurus, (risalente all’Ordoviciano Medio), Russia. Una forma avanzata dell’ordine Phacopida caratterizzata da spine molto sviluppate:
Exuvia di trilobite (Elrathia kingi) il cui cephalon è privo delle librigene (staccatesi durante la muta):
Kainops invius, dalla stessa località dell’esemplare dell’immagine precedente. Questi esemplari sono fossilizzati in modo tale da mostrare l’esoscheletro lateralmente (esemplare in alto) e sul lato ventrale (esemplare in basso); in quest’ultimo sono visibili alcuni elementi della parte ventrale del cephalon (la duplicatura del tegumento cefalico, la piastra rostrale e l’ipostomo), e del thorax (gli apodemi). Nell’esemplare superiore, in norma laterale, è visibile sul cephalon il decorso della sutura facciale proparia (sotto la regione visuale dell’occhio); l’occhio visibile sullo stesso esemplare è di tipo schizochroale. Sono ben distinguibili anche le faccette articolari delle pleure toraciche, che facilitavano l’arrotolamento dell’animale in posizione difensiva:
Foto di un trilobite fossile di Dalmanites limulurus. trovato in uno strato geologico di New York (USA) e risalente al Siluriano:
Infine, un trilobite eccezionalmente conservato dalla formazione Burgess Shale, in cui le antenne e le appendici ventrali (le “zampe”) sono conservate come pellicole carboniose: