Il cuore umano può autoripararsi dopo un grave infarto: descritto il meccanismo, si studia il metodo per incentivare il processo

Lo sapevi che il cuore è capace di autoripararsi anche a seguito di un grave infarto del miocardio? A conferma di questo affascinante meccanismo c’è anche uno studio scientifico del 2022:

Una nuova ricerca ha infatti confermato che la risposta immunitaria del corpo e del sistema linfatico (parte del sistema immunitario) rappresenta un elemento decisivo nel processo in cui il nostro cuore ripara i propri tessuti dopo che un infarto che ha procurato danni al muscolo cardiaco. Secondo gli scienziati, sono i macrofagi – cellule specializzate che possono distruggere i batteri o avviare risposte infiammatorie utili – a svolgere un ruolo decisivo in questo delicato quanto importante processo. A catturare l’attenzione degli esperti è stata la proteina VEGFC, prodotta da questi globuli bianchi. Abbiamo scoperto che i macrofagi, o cellule immunitarie che si precipitano al cuore dopo un infarto per ‘mangiare’ tessuto danneggiato o morto, inducono anche il fattore di crescita endoteliale vascolare C (VEGFC) che innesca la formazione di nuovi vasi linfatici e promuove la guarigione” – riferisce il patologo Edward Thorp  della Northwestern University nell’Illinois. I ricercatori descrivono il processo paragonandolo alla storia fantasiosa del dott. Jekyll e Mr. Hyde:

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macrofagi “buoni” che producono VEGFC e macrofagi “cattivi” che non producono alcun VEGFC ma causano una risposta pro-infiammatoria che può causare ulteriori danni al cuore e ai tessuti circostanti. Affinché il cuore si ripari completamente, le cellule morenti devono essere ripulite, un processo noto come efferocitosi in cui i macrofagi svolgono un ruolo importante. Studiando questo processo nelle cellule in laboratorio e nei topi, il team ha individuato il modo in cui il il giusto tipo di macrofagi produttori di VEGFC ha eseguito un lavoro di riparazione adeguato. Ciò che la ricerca futura potrebbe esaminare in seguito è come aumentare il numero di macrofagi utili nel cuore e ridurre il numero di – o addirittura eliminare – i macrofagi dannosi, aumentando le possibilità di una sana guarigione:

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“La nostra sfida ora è trovare un modo per somministrare VEGFC o per convincere questi macrofagi a indurre più VEGFC, al fine di accelerare il processo di riparazione del cuore”, afferma Thorp. Nel momento in cui le persone sono colpite da un infarto, diventano dei pazienti ad alto rischio di insufficienza cardiaca, con un cuore incapace di continuare a pompare sangue in tutto il corpo come accade invece nelle persone in buona salute. Non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa e in buona parte del mondo occidentale, l’infarto può uccidere il paziente, anche in caso di costante terapia farmacologica. Un metodo alternativo o aggiuntivo e non invasivo potrebbe aiutare medici e scienziati ad approfondire sui processi biologici che si verificano in risposta a un infarto, in particolare sul modo in cui il processo di efferocitosi viene utilizzato per innescare la proteina VEGFC necessaria per la riparazione del muscolo cardiaco. “Stiamo lavorando per capire di più sulla progressione verso l’insufficienza cardiaca dopo un infarto, al fine di intervenire precocemente e ripristinare il corso della riparazione cardiaca”afferma il biologo vascolare Guillermo Oliver  della Northwestern University. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Clinical Investigation.

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