Glifosato nelle famose birre tedesche, gli agricoltori: “colpa dell’importazione straniera di vegetali”

Senza-titolo-2Diversi marchi di birre tedesche contengono il diserbante glifosato. Lo rivela un’analisi dell’Istituto per l’ambiente di Monaco. Il test ha coinvolto 14 marche fra le più note in Germania. I livelli registrati oscillano fra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro, nei casi più estremi quasi 300 volte superiori a 0,1 microgrammi, che è il limite consentito dalla legge per l’acqua potabile. L’erbicida è stato classificato come «probabile cancerogeno per l’uomo» dall’organismo internazionale Iarc (International Agency for Research on Cancer). L’Istituto federale per la valutazione del rischio (Bfr) ritiene invece che il glifosato non costituisca rischio per la salute dei consumatori. L’unione dei birrai tedeschi ha annunciato una dichiarazione in giornata.

Le marche su cui sono state compiute le analisi sul glifosato sono: Beck’s, Paulaner, Warsteiner, Krombacher, Oettinger, Bitburger, Veltins, Hasseroeder, Radeberger, Erdinger, Augustiner, Franziskaner, Konig Pilsener e Jever. Contrastato è il giudizio degli esperti sulla pericolosità dell’erbicida per la salute dell’uomo. L’organismo internazionale Iarc (International Agency for Research on Cancer) lo ha classificato come «probabile cancerogeno per l’uomo» nel marzo 2015. Sophia Guttenberger, dell’istituto di Monaco che ha compiuto la ricerca, ha detto che «una sostanza, che potrebbe essere cancerogena, non perde nulla nè nella birra nè nel corpo umano». Ma per l’Istituto federale per la valutazione del rischio (Bfr), residui di glifosato nella birra sono «dal punto di vista scientifico plausibili», dal momento che l’erbicida è autorizzato come diserbante. «Un adulto dovrebbe bere intorno ai mille litri di birra al giorno per assumere una quantità di glifosato preoccupante per la salute», ha fatto sapere il Bfr in una nota.

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L’Unione dei coltivatori tedeschi (Dbv) ritiene che la colpa della presenza del glifosato nei 14 marchi di birra tedeschi possa venire dall’importazione di malto d’orzo. (Fonte)  Negli ultimi anni, nel porto di Bari,  il grano straniero contenuto in alcuni camion fermati era risultato positivo al test effettuato con il kit ‘Agrastrip’ il campione di grano duro messicano e scaricato stamani dalla nave Ecopride (stazza 44.647 tonnellate), battente bandiera panamense e proveniente da Cristobal. Coldiretti Puglia ringrazia il Corpo Forestale dello Stato della Puglia e la Asl di Bari per l’attività incessante di presidio del territorio e per la prima fase odierna dell’attività di indagine per salvare il grano italiano dagli scarichi quotidiani di ingenti quantitativi di prodotto straniero, a volte triangolato da porti europei e utilizzato dai trasformatori per fare pane e pasta “Made in Italy”, con il “granaio Italia” che rischia di scomparire.

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“Abbiamo fermato finora 7 camion per verificarne il contenuto – spiega il Commissario Capo del Corpo Forestale dello Stato della Puglia, Giuliano Palomba – una prima analisi con il lateral flow test sul campione di grano duro trasportato da uno dei 7 mezzi, ha dato indicazioni di presenza di aflatossine. Abbiamo consegnato tutti i campioni alla Asl Bari e le analisi di conferma saranno effettuate dal laboratorio dell’Arpa Puglia. Inoltre, sarà verificata la presenza di metalli pesanti”.

“La nostra manifestazione intendeva accendere i riflettori sull’effettiva qualità del grano straniero – denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele –che dopo un lungo periodo di navigazione nelle navi sbarca in Puglia per produrre pasta e pane senza alcuna indicazione in etichetta della reale origine. Se il grano è contaminato da micotossine, risultano contaminati anche pane e pasta perché sono resistenti alle alte temperature. Non meno preoccupante la contaminazione da Deossinivalenolo (DON). I parametri europei relativi ai limiti di DON (1750 ppb) sui cereali utili all’alimentazione umana sono quasi “doppi” rispetto a quelli imposti in Canada (1000 ppb). In altre parole in Europa e, quindi, anche in Italia è commestibile e può essere somministrato anche ai bambini ciò che in Canada non va bene neppure per gli animali”. 

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La stessa EFSA ritiene che l’assunzione alimentare per infanti (0-6 mesi) e bambini tra gli 1 ed i 3 anni, ma anche adolescenti e bambini in genere, possa essere motivo di preoccupazione, in quanto sono in una fase iniziale della vita (ed in ragione del peso corporeo relativamente basso).

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“In 7 mesi da luglio 2015 a febbraio 2016 – incalza il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – è stato scaricato al Porto di Bari 1 milione di tonnellate di grano, arrivato da Canada, Turchia, Argentina, Singapore, Hong Kong, Marocco, Olanda, Antigua, Sierra Leone, Cipro e spesso triangolato da porti inglesi, francesi, da Malta e da Gibilterra. Contemporaneamente è stata registrata la drastica riduzione del 25% del prezzo del grano pugliese, passato nello stesso periodo da 34 euro a 25 euro al quintale. Incalcolabili anche i danni in termini di impatto ambientale, basti pensare che sommando la tratta che una nave compie per esempio dal Canada per raggiungere Bari e i 750 camion utili a scaricare una media di 20mila tonnellate di grano, considerando l’andata e il ritorno, si stima una emissione di oltre 15mila tonnellate di CO2”.

“Si tratta del risultato delle scelte poco lungimiranti fatte nel tempo da chi – continua la Coldiretti ha preferito fare acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato. Un comportamento – precisa la Coldiretti – reso possibile dai ritardi nella legislazione comunitaria e nazionale che non obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato in etichetta. E’ fatto con grano straniero un pacco di pasta su tre e circa la metà del pane in vendita in Italia ma i consumatori – denuncia la Coldiretti – non lo possono sapere perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta. I prezzi del grano duro in Italia nel 2016 – sottolinea la Coldiretti – sono crollati del 31 per cento rispetto allo scorso su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia.In pericolo – precisa la Coldiretti – non c’è solo la produzione di grano ed il futuro di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di circa ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”. In parlamento europeo ne parlò anche il Movimento 5 Stelle:

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