Tumore al seno: speranza di cura futura grazie ad un semplice antibiotico per l’acne

Uno studio dell’Università di Pisa avrebbe consentito ad alcuni ricercatori di individuare un effetto antitumorale nella doxiciclina, un antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline e comunemente impiegato nel trattamento dell’acne volgare,  recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Oncology. La scoperta potrebbe aprire la strada al possibile utilizzo degli antibiotici nel trattamento del tumore della mammella. La temuta patologia neoplastica colpisce ogni anno tantissime donne nel mondo. Lo studio è stato pubblicato anche sul sito dell’Università di Pisa al seguente link: https://www.unipi.it/index.php/news/item/13842-tumore-al-seno-da-ricerca-italo-britannica-nuove-speranze-di-cura-dagli-antibiotici.

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La ricerca clinica è stata condotta su 15 donne affette da carcinoma della mammella in stadio precoce. L’applicazione dell’antibiotico ha evidenziato un netto miglioramento dopo solo 14 giorni di trattamento antibiotico, con una riduzione significativa (in media di circa il 40%) del numero delle cellule staminali neoplastiche. La cosa che incuriosisce di più è scoprire poi che i ricercatori dell’University of Salford, coordinati dal professor Michael P. Lisanti, studiavano da tempo questo effetto in modelli tumorali ‘in vitro’ riconoscendo da tempo le potenzialità dell’antibiotico di eradicare le cellule staminali neoplastiche in otto diversi tipi di tumore, compreso il carcinoma della mammella. “Gli antibiotici – spiega una nota dell’Aoup – oltre a uccidere i batteri, hanno un effetto distruttivo anche sui mitocondri, le ‘centrali elettrichè delle cellule, di cui sono molto ricche le cellule staminali neoplastiche, responsabili dell’origine del tumore e delle recidive locali, della resistenza alle terapie e delle temute metastasi a distanza”.

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Speranza anche dal tamoxifene – un farmaco utilizzato dopo l’intervento chirurgico nelle donne che hanno avuto un tumore al seno intraepiteliale, pari a circa il 20% di tutti i tumori alla mammella – sarebbe capace di contrastare efficacemente il tumore al seno anche in dosi limitate e dunque senza effetti collaterali importanti. Lo dimostra uno studio presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium, il più importante congresso internazionale sul carcinoma alla mammella, da un gruppo di ricercatori italiani guidati da Andrea De Censi, direttore di Oncologia medica Ospedali Galliera di Genova. Lo studio dimostra che un basso dosaggio di soli 5 mg al giorno dimezza il rischio di recidive e di nuovi tumori al seno e diminuisce gli effetti avversi con un minor impatto sulla qualità di vita delle donne.

Per compiere lo studio, i ricercatori, grazie al sostegno di AIRC, del Ministero della Salute e del LILT, hanno studiato nel dettaglio gli effetti derivanti dalla somministrazione di un basso dosaggio di tamoxifene.
Monitorando 500 pazienti in 14 centri italiani, sono così riusciti a dimostrare che assumere 5 mg di tamoxifene per tre anni, oltre a dimezzare il rischio di recidiva, riduce del 75% la possibilità di sviluppare nuovi tumori all’altra mammella rispetto al placebo.
“Un risultato che è sovrapponibile a quello che si ottiene con il dosaggio a 20 mg. Si ha una riduzione statisticamente significativa degli eventi avversi seri”, spiegano i ricercatori.

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Andrea De Censi e il suo team hanno intenzione di compiere ulteriori ricerche al fine di indagare l’eventuale ruolo del farmaco nella prevenzione del tumore al seno nelle donne sane. “Confidiamo che un trattamento con 5 mg al giorno di tamoxifene possa rivelarsi un’opportunità di prevenzione primaria anche nelle donne sane che hanno un alto rischio di sviluppare un tumore al seno, comprese le donne con mutazione di BRCA, quello conosciuto come il gene di Angelina Jolie”, spiega De Censi. Lo studio, chiamato TAM-01, potrebbe rivelarsi l’inizio di un percorso finalizzato al contrasto definitivo di questa grave malattia che ogni anno colpisce moltissime donne, spesso anche sotto i 50 anni. Tuttavia, i nodi da sciogliere non sarebbero ancora pochi:

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Purtroppo il tamoxifene è associato a un aumentato rischio di tumore dell’endometrio, la parte interna dell’utero, e a tromboembolia venosa oltre che alla comparsa di sintomi della menopausa che possono portare all’interruzione del trattamento “- spiega De Censi . Sulla base di questi risultati, De Censi punta ad avviare un nuovo studio per la prevenzione primaria nelle donne a rischio aumentato.

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unipi.it – lanazione.it – intoscana.itiltempo.it  ansa.it – tg24.sky.itFanpage.it

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