Incuriositi dal preoccupante aumento dei casi di diabete anche nelle fasce piu’ giovani della popolazione, i ricercatori si sono focalizzati su un ingrediente piuttosto comune, interrogandosi sulla capacità di quest’ultimo di influenzare il metabolismo. Il team ha così scoperto che:
Sotto accusa è il propionato di metile, o propanoato di metile, un estere alchilico di formula CH3CH2-CO-O-CH3. A temperatura ambiente appare come un liquido incolore, dall’odore e dal sapore caratteristici, poco solubile in acqua ma ben miscibile nei più comuni solventi organici tra cui acetone, etanolo, dietiletere e glicole propilenico. Il propionato di metile trova impiego nell’industria profumiera e come aromatizzante in virtù delle sue proprietà organolettiche, comuni peraltro a molti composti della stessa categoria. Al gusto e all’olfatto si presenta come una sostanza dolce, fruttata e che ricorda il tipico aroma del rum; viene utilizzato nella preparazione di profumi, dolciumi, detergenti e preparati cosmetici come creme ed altri prodotti per uso topico. La sostanza viene inoltre utilizzata come solvente per lacche, vernici e derivati della cellulosa e come attrattivo per coleotteri. Il suo utilizzo è totalmente legale nel mondo, ma come riporta SkyTg24.it:
“La somministrazione di questo acido grasso a catena corta nei topi ha evidenziato l’attivazione del sistema nervoso simpatico, con una conseguente impennata nella produzione di ormoni come glaucagone, norepinefrina e FABP4. Questo processo ha sua volta portato le cellule del fegato dei topi a produrre più glucosio, generando una condizione di iperglicemia, che contraddistingue il diabete. Inoltre, assumendo una dose equivalente a quella consumata solitamente dagli umani, i roditori tendevano ad aumentare di peso”. Come ricorda il presidente eletto della Società italiana di Diebtologia Agostino Consoli:
non è un caso che diabete e obesità dilaghino “nei paesi industrializzati e in fase di industrializzazione”, che ricorrono sovente a questo tipo di ingredienti vista la diffusione degli alimenti confezionati. Per gli autori dello studio, l’attenzione va rivolta proprio a ciò che è contenuto nei “cibi più comuni”, poiché l’essere umano “è quotidianamente esposto a centinaia di queste sostanze chimiche e la maggior parte di esse non sono state testate nel dettaglio per osservare potenziali effetti a lungo termine sul metabolismo”. Tuttavia, negli Stati Uniti, per l’U.S. Food and Drug Administration il conservante sarebbe sicuro, il che suggerisce la necessità di una revisione delle linee guida attuali con la proposta di possibili alternative.
Questo articolo è stato scritto anche grazie al contributo di alcuni utenti del web (a tal proposito ricordiamo che scrivendo alla Pagina https://www.facebook.com/GloboChanneldotcom/ è possibile inviare segnalazioni, osservazioni anche con foto e video, inoltre è possibile seguire tutte le news anche su Telegram all’indirizzo https://t.me/globochannel).