Perché tanti terremoti nel Mediterraneo? La spiegazione scientifica

Il Mediterraneo continua a tremare: lo scorso 27 marzo 2021, un terremoto di 5.1 – 5.2, manifestatosi dal centro del mare, è stato distintamente percepito dalla popolazione delle regioni del Sud Italia. Quello che si è verificato nei giorni seguenti è stato incredibile:

Come riportato dal sito web dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano, infatti, a distanza di pochi giorni i terremoti sono continuati, sino a raggiungere il centinaio di episodi sismici. Decine di scosse più deboli sono state registrate nei giorni seguenti, fortunatamente senza gravi conseguenze. C’è però da tenere in considerazione un insolito evento dell’innalzamento delle onde marine, filmato su di un elicottero nel giorno della scossa più potente.

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Stanco a quanto riportato dall’INGV, il terremoto rappresenta uno degli episodi del lento ma incessante spostamento verso SW della catena dinarica ad una velocità variabile tra i 2.0 e i 4.5 metri per millennio. Si parla infatti di una catena montuosa che costituisce un complesso orogenico che si estende dalla Slovenia sud-occidentale al Montenegro, correndo lungo la costa adriatica della Croazia ed estendendosi sia verso SW (ovvero verso l’Italia) per un centinaio di chilometri, sotto forma di una catena sommersa sotto il Mare Adriatico, sia per circa 200 km verso NE, in direzione del cosiddetto Bacino Pannonico (corrispondente all’attuale Ungheria). La catena dinarica si presenta come un orogene simile e speculare alla catena appenninica settentrionale centrale e centro-meridionale, che a sua volta tende a migrare verso NE generando a sua volta terremoti, come quelli che hanno luogo in Emilia-Romagna e nelle Marche. sempre dall’INGV si apprende che le faglie identificate lungo la costa danno luogo a terremoti anche molto forti, come quello di magnitudo 7.3 che colpì il Montenegro nel 1979, mentre quelle che ricadono in pieno Adriatico generano terremoti di magnitudo relativamente contenuta, come quello odierno, e come tali probabilmente incapaci di generare tsunami significativi.

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In effetti la sismicità dell’area Adriatica appare abbastanza limitata, perché si conoscono solo pochi eventi di magnitudo maggiore di 5.0 avvenuti nel secolo scorso e in questo scorcio di XXI secolo. Tra questi va ricordato il terremoto avvenuto in prossimità dell’isolotto di Jabuka (Otočić Jabuka) il 29 marzo 2003, circa 100 km a NW del terremoto odierno, con una scossa principale di magnitudo 5.5, una precedente di magnitudo 5.0 e molte repliche di magnitudo minore. Questa circostanza però è potenzialmente ingannevole, perché in assenza delle moderne reti di rilevazione – dunque prima dei primi anni ’80, quando l’INGV ha iniziato ad ampliare velocemente la Rete Sismica Nazionale e a collegarla con le reti dei paesi adiacenti – anche terremoti relativamente forti come quello di oggi potrebbero essere passati sostanzialmente inosservati.

L’area adriatica è stata a lungo oggetto di ricerche di varia natura da parte di numerosi ricercatori dell’INGV, che ne hanno studiato l’attività tettonica attraverso dati sismologici, dati GPS e osservazioni geologiche. In particolare, le faglie dell’Adriatico centrale sono state oggetto di studio attraverso l’analisi dei terremoti storici e dei dati forniti dalla sismica di esplorazione disponibili per quest’area, che ospita giacimenti di idrocarburi ancora non sfruttati. Si noti che questa area, che viene di norma considerata come un promontorio della placca Africana incuneato tra Appennini e Dinaridi, è stata a lungo considerata rigida dal punto di vista tettonico, e come tale incapace di generare sismicità significativa. Il terremoto odierno, insieme alle considerazioni sulle scarse conoscenze disponibili sui terremoti del passato, sembra suggerire invece che questo settore è in grado di rilasciare sismicità, e quindi che è altamente fratturato al suo interno. Le accelerazioni di picco, dedotte dalle registrazioni delle stazioni accelerometriche
disponibili (http://shakemap.ingv.it/shake4/viewLeaflet.html?eventid=26321911), mostrano valori massimi percentuali dell’accelerazione di gravità pari a circa 0.5% g alla stazione di Monte Sant’Angelo (IV.MSAG) che si trova nel Gargano, a circa 110 km dall’epicentro. Riguardo l’episodio, riportiamo qui un link al video – approfondimento https://www.dailymotion.com/video/x809dj0.

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