“Prove emergenti indicano che l’agente eziologico responsabile della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), può causare complicazioni neurologiche. COVID-19 può indurre deterioramento cognitivo attraverso molteplici meccanismi. Lo scopo del presente studio era descrivere le possibili conseguenze di neuroimaging neuropsicologiche e metaboliche di COVID-19 12 mesi dopo la dimissione ospedaliera dei pazienti“ – lo rendono noto alcuni ricercatori italiani:
Nello studio – cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Neurology – si parla di sette pazienti osservati da alcuni ricercatori dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con il Centro Aldo Ravelli della Statale, l’Asst Santi Paolo e Carlo e l’Irccs Auxologico. Lo studio ha tenuto in considerazione che l’infezione da SarsCov-2 induce tipicamente sintomi respiratori ma anche che prove emergenti indicano che l’agente eziologico responsabile della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), può causare complicazioni neurologiche. I risultati dello studio hanno rivelato caratteristiche inquietanti sui pazienti osservati:
Tutti i pazienti hanno infatti mostrato deficit clinici in almeno due test cognitivi nella batteria BRB-NT al T1 e in un test cognitivo al T2. Il deficit è stato definito da un punteggio di due deviazioni standard al di sotto delle medie normative, corretto in base all’età e al livello di istruzione del paziente. I principali deficit persistenti a T2 erano nei domini della memoria verbale, dell’elaborazione e dell’attenzione visiva e della memoria visuospaziale. Nessuno dei pazienti presentava condizioni neurologiche o psichiatriche che potessero spiegare la persistenza del deficit cognitivo in T2. Nessuno dei pazienti aveva diabete o disturbi metabolici che potevano interferire con le prestazioni neuropsicologiche misurate dalla batteria BRB-NT. Nessuno dei pazienti aveva una storia di disturbi neuropsicologici o psichiatrici precedenti all’infezione da Sars-Cov-2 come riportato dalle cartelle cliniche. “Abbiamo anche valutato i sintomi depressivi con Beck Depression Inventory-II (BDI-II)“ – hanno inoltre aggiunto i ricercatori. Inoltre:
Al T1, 6/7 pazienti (86%) hanno mostrato una compromissione principale della memoria verbale, della velocità di elaborazione e dell’attenzione visiva; 5 pazienti su 7 (71%) hanno mostrato compromissione dell’apprendimento visuospaziale e 4 pazienti su 7 (57%) hanno ritardato il richiamo visuospaziale. I risultati suggeriscono che, oltre ai cambiamenti cognitivi, l’infezione da SarsCov-2 può anche indurre anomalie nel metabolismo cerebrale e possibilmente deposito di amiloide che persiste un anno dopo l’infezione. Le sequele neurologiche, compreso il deterioramento cognitivo che porta al morbo di Alzheimer, potrebbero in futuro essere una delle principali caratteristiche che complicano il COVID-19. “Ulteriori studi devono spiegare i meccanismi fisiopatologici alla base delle conseguenze neurologiche a lungo termine dell’infezione da SarsCov-2 e la sua possibile correlazione con il deterioramento cognitivo correlato all’amiloide. Da un punto di vista pratico, i medici dovrebbero sempre tenere a mente una storia di COVID-19 quando 18 F-FDG-PET rileva un ipometabolismo cerebrale focale o la PET/TC rivela una deposizione di amiloide altrimenti inspiegabile“ – hanno concluso gli scienziati.
Fonte: https://link.springer.com/article/10.1007/s00415-022-11543-8
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