Con la rivoluzione agricola – risalente al Neolitico – le prime comunità di Homo Sapiens cominciarono a sviluppare strumenti per la creazione di veri e propri calendari: a testimonianza di ciò, vi è il calendario degli antichi egizi, basato di fatto sulle attività agricole e sul fiume Nilo, considerato elemento sacro e di vitale importanza. La nascita della settimana, invece, nasce in Mesopotamia:
Culla anche della cultura ebraica e del suo calendario, l’antica civiltà dell’epoca sancì la creazione del sabato (il settimo giorno) e la cadenza settimanale. Questa scansione settimanale del tempo risulta accertata solo dopo l’esilio da Gerusalemme, periodo in cui gli ebrei furono costretti a seguito della conquista babilonese del 586 a.C.. Tuttavia, svariati storici sono concordi nel credere che, probabilmente, l’uso di questo metodo di calcolo preesisteva da molto tempo prima. La settimana entrò anche nella pratica dei Caldei, caratterizzandosi, come era tipico della loro cultura, con una connotazione astrologica. La loro concezione del tempo era infatti più qualitativa che quantitativa. I Caldei associarono cioè ogni ora del giorno ad un pianeta, che ne determinava la qualità: l’associazione ad un certo pianeta rendeva in tal modo una certa ora adatta ad una specifica preghiera e ad un culto divino; vi erano pianeti che sovrintendevano agli affari, altri ai sentimenti, e così via. La vita dei fedeli veniva scandita con un sistema di rapida successione di diverse possibili attività a seconda del trascorrere delle ore. I pianeti conosciuti nell’astronomia antica erano appunto sette; il termine pianeta, dal greco πλανήτες, planétes, significa «mobile» o «vagante», perché essi si muovevano nel cielo rispetto alle stelle fisse, anche con alcune irregolaritá. Associati a precise qualità astrologico-mitologiche, erano i seguenti, con accanto il glifo che li identificava:
Saturno (Saturno (astrologia))
Giove (Giove (astrologia))
Marte (Marte (astrologia))
Sole (Sole (astrologia))
Venere (Venere (astrologia))
Mercurio (Mercurio (astrologia))
Luna (Luna (astrologia))
Questi nomi sono di origine latina, e sono i corrispondenti romani di quelli greci. L’ordine è quello in uso tra gli astronomi di epoca ellenistica, e corrisponde all’ordine dei periodi orbitali o delle distanze dalla Terra decrescenti, definiti ad Alessandria d’Egitto probabilmente nel II secolo a.C. Notiamo che Saturno è padre di Giove, che a sua volta lo è di Marte, di Apollo (cui è associato il Sole), di Venere e di Mercurio. Un ruolo a parte ha la Luna nell’Olimpo greco (Selene) e romano. Schema di confronto tra l’ordine dei pianeti classici, disposti a cerchio secondo la loro progressiva distanza dalla Terra (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), e la sequenza dei giorni della settimana che si ottiene congiungendo con una linea retta i punti più estremi fino a comporre una stella a sette punte (ettagramma). Il pianeta che governa la prima ora è per i Caldei il pianeta dominante della giornata e ne caratterizza la qualità il giorno prende nome da questo pianeta. Dalla successione dei pianeti governatori delle prime ore otteniamo la successione dei giorni della settimana. Se la prima ora di oggi è associata alla Luna vuol dire che oggi è lunedì; scorrendo le 24 ore e la corrispondente serie di pianeti si vede che la prima ora di domani è associata a Marte; quindi domani è martedì e così via. Più semplicemente l’ordine della sequenza dei giorni della settimana si ottiene percorrendo i lati della stella a sette punte della figura qui riportata nel senso indicato dalla freccia. Dai Caldei, attraverso i Greci, i nomi e le qualità dei giorni della settimana sono arrivati ai Romani nella forma latina seguente:
dies Saturni, giorno ritenuto infausto, che però poteva infondere forza di volontà nell’accettare una rinuncia o una privazione.
dies Solis, propizio per la connessione al soprannaturale, per iniziare un’attività o nel successo di un’impresa;
dies Lunae, dedicato alla cura dei campi, della casa, e della famiglia;
dies Martis, archetipo del coraggio, della forza e delle contese;
dies Mercurii, dio della rapidità, dei commerci e delle comunicazioni;
dies Iovis, archetipo della crescita, dell’abbondanza, e della prosperità;
dies Veneris, governatrice dell’arte, della bellezza e dell’amore.
l calendario settimanale si diffuse a Roma e in tutto l’Impero; fu il suo valore astrologico a decretarne il successo e a farne una istituzione del calendario: nel I secolo a.C. era già introdotto a Roma; certamente lo era dopo la conquista dell’Egitto ad opera di Augusto (30 a.C.) se non prima. Ai tempi della Repubblica i Romani usavano un ciclo di 8 giorni detto nundinum che significa (periodo) di nove giorni, soprattutto ad uso dei mercati: i calendari romani portavano l’indicazione del giorno delle nundinae con una lettera (A-H) che accompagnava tutti i giorni dell’anno. Le nundinae sono state in uso fino al II secolo d.C., poi vennero soppiantate dalla settimana. I primi cristiani erano di origine ebraica, usavano la settimana ebraica e onoravano il sabato. Il graduale allontanamento dall’originale matrice ebraica che caratterizzò lo sviluppo del cristianesimo antico, si manifestò in molti modi e anche nella liturgia festiva. Il giorno sacro è quello nel quale Cristo è risorto e questo secondo i vangeli è avvenuto in un giorno successivo al sabato; di qui la decisione di rendere festivo il giorno successivo al sabato, cioè il dies Solis che divenne dies Domini. I cristiani mantennero l’uso della settimana, anche per loro un istituto divino, ma cambiarono il giorno dedicato al Signore e successivamente proibirono (sinodo di Laodicea, 360 circa) di celebrare il sabato. La settimana ebraica si trasferì dunque con le variazioni citate in quella cristiana, che a Roma si fuse con quella astrologica. L’astrologia si era diffusa nell’Impero romano prima e più velocemente del cristianesimo, e quando la Chiesa conquistò la supremazia religiosa nell’Impero (inizio del IV secolo) l’uso era ormai molto ben radicato. I cristiani cercarono di imporre nuovi nomi in sostituzione della terminologia pagana ma non riuscirono a cambiare una tradizione popolare ormai consolidata. Vi riuscirono invece i cristiani ortodossi, che mantennero una nomenclatura simile a quella ebraica. Ai margini dell’Impero, ad esempio in Britannia e Germania, la diffusione del cristianesimo avvenne più tardi, e qui i nomi astrologici sopravvissero: né il sabato, né la domenica sono entrati nell’uso. I popoli sassoni e nordici hanno tradotto i nomi delle divinità latine nei corrispondenti locali:
Marte in Týr,
Mercurio in Woden o Odino,
Giove in Thor, Donar o Thunar,
Venere in Freia (oppure in Frigg),
Luna in Màni o Mona.
Nell’odierno inglese, il sabato rimase dedicato al dio romano Saturno e diviene Saturday. La domenica dei romani era il primo giorno della settimana e a partire da Costantino I divenne un giorno festivo dedicato al Sol Invictus. Sole in inglese si dice Sun, quindi domenica è il “giorno del Sole” o Sunday. Il lunedì era il secondo giorno della settimana, dedicato alla Luna (Moon) quindi Monday, ecc. In tedesco la denominazione dei giorni (Tag) della settimana è simile all’inglese: sabato è Samstag, domenica è Sonntag (Sonne è il Sole), lunedì è Montag, ma la parola “mercoledì” (Mittwoch) significa «metà della settimana» (iniziando a contare da domenica). Quindi la settimana astrologica che oggi usiamo è nata da un complesso di contributi:
ebraico: come istituzione sacra
egizio: la suddivisione del giorno in 24 ore
caldeo: le corrispondenze astrologiche
ellenistico: ordine dei pianeti
latino: nomi dei pianeti
cristiano: emancipazione dalla matrice giudaica e definitiva consacrazione e diffusione della settimana
Gli ebrei chiamano il pianeta Saturno “Shabtai”, cioè il pianeta del sabato: adottando un processo inverso a quello dei caldei, hanno dato al pianeta il nome del giorno della settimana. Anche l’Islam adottò la settimana, seppure con variazioni del giorno festivo e del suo nome, analogamente a quanto fecero i cristiani. Nei calendari moderni la settimana corrisponde a sette giorni. Un anno è composto da poco più di 52 settimane:
52 settimane e un giorno
52 settimane e due giorni negli anni bisestili
Lo standard internazionale ISO 8601 assegna anche un numero a ogni settimana dell’anno. Le settimane che si trovano parte in un anno e parte in un altro vengono considerate appartenenti all’anno che le contiene per almeno quattro giorni:
la settimana 01 dell’anno è quindi la prima settimana che contiene quattro o più giorni del nuovo anno. Può essere anche equivalentemente definita come:
la settimana che contiene il primo giovedì dell’anno;
la settimana che contiene il 4 gennaio;
la settimana che inizia con il lunedì fra il 29 dicembre e il 4 gennaio.
Ne deriva che se il 1º gennaio è un lunedì, martedì, mercoledì o giovedì allora è nella settimana 01. Se è un venerdì, sabato o domenica allora appartiene all’ultima settimana (52ª o 53ª) dell’anno precedente. Ancora secondo lo standard internazionale ISO 8601, in un anno sono presenti 52 o 53 settimane: in questo modo ogni anno può essere composto di 52 o – seppure più raramente – di 53 settimane. Gli anni costituiti di 53 settimane possono essere individuati secondo la definizione:
anni comuni che iniziano di giovedì (lettera domenicale D) e anni bisestili che iniziano di mercoledì (ED) o giovedì (DC)
o anche, in modo equivalente:
anni comuni che terminano di giovedì (lettera domenicale D); anni bisestili che terminano di giovedì (ED) o venerdì (DC)
anni comuni in cui il 1º gennaio e il 31 dicembre ricorrono entrambi di giovedì; anni bisestili in cui il 1º gennaio e il 30 dicembre ricorrono entrambi di mercoledì o di giovedì.
L’anno liturgico è composto di 52 o 53 settimane (fanno ovviamente eccezione gli anni liturgici a cavallo dell’adozione del calendario gregoriano. Per i paesi cattolici l’anno liturgico contenente la Pasqua 1582 ha 350 giorni ossia 50 settimane). La “settimana santa” è tradizionalmente per i cristiani la settimana che va dalla domenica delle Palme al Sabato santo compresi, mentre la domenica di Pasqua è il primo giorno dell’Ottava di Pasqua, che dura fino alla domenica successiva (inclusa). La sua collocazione all’interno dell’anno non è fissa, ma dipende da considerazioni astronomiche ben definite. In epoca attuale, per “settimana bianca” si intende un periodo passato in montagna, tipicamente d’inverno, per dedicarsi allo sci o allo snowboard; la durata di tale periodo non è necessariamente di sette giorni. Storia della suddivisione del giorno:
Fin da quando l’uomo cominciò ad usare la meridiana, la durata del giorno venne suddivisa in quelle che noi ora chiamiamo ore. Quindi già Babilonesi ed Egizi usavano questo sistema, che però non era uguale a quello da noi oggi conosciuto. La suddivisione della giornata in 24 ore risale all’antico Egitto (1800-1500 a. C.); le ore del giorno erano 10, scandite dall’ombra dello gnomone della meridiana dall’alba al tramonto. Ad esse si aggiunsero altre due ore rispettivamente per l’aurora e il crepuscolo, parti del giorno nelle quali la meridiana non dava indicazioni. Le ore notturne sono scandite dal passaggio nel cielo notturno dei Decani . Le notti estive in Egitto durano otto ore, durante le quali si succedono 12 Decani che scandiscono 12 ore. Nelle notti invernali se ne osservano un numero maggiore, ma solo i primi 12 venivano contati. Questo complesso meccanismo ha portato alla suddivisione del giorno in 24 ore.
Greci e Romani usarono le “ore temporali”: il giorno e la notte venivano ambedue suddivisi in dodici parti, cominciando rispettivamente dall’alba e dal tramonto. Così la prima ora del giorno corrispondeva all’alba, la sesta ora più o meno a mezzogiorno, la dodicesima al tramonto ed altrettanto, ma partendo dal tramonto, avveniva per la notte. Questa suddivisione basata sulle ore di luce e quelle di buio faceva sì che la durata delle ore estive non fosse uguale a quelle invernali e quella delle ore di luce era diversa dalle ore di buio. Tanto per fare un esempio, d’estate un’ora di luce poteva durare 80 minuti e 40 invece quella di buio. I Romani usavano anche suddividere giorno e notte in quattro parti di tre ore ciascuno. La Chiesa abbinò varie ore della giornata (ore canoniche) a determinati momenti di preghiera, per cui si avevano:
- Mattutino o Lodi: all’alba
- Prima: al levar del sole
- Terza: a metà del mattino
- Sesta: a mezzogiorno
- Nona: alla nona ora a metà del pomeriggio
- Vespri: al tramonto
- Compieta: un’ora dopo il tramonto
- Notturno: trascorsi gli otto dodicesimi della notte
Tutte queste ore, a parte quella del Notturno, venivano annunciate dal suono delle campane che, con l’andar del tempo, assunsero proprio la funzione di orologio pubblico. Nel XIV secolo arrivano i primi orologi meccanici e con loro si comincia a contare le ore da una a ventiquattro, dal tramonto al tramonto successivo (almeno in Italia, Boemia, Slesia e Polonia), punto di partenza che variava nel corso dell’anno. Anche le campane, almeno nelle città, si adeguarono a questa suddivisione, che venne denominata “ore solari all’italiana” o “ore boeme”. Essendo basati al momento in cui il sole tramonta, variabile di giorno in giorno, gli orologi dovevano esser regolati periodicamente per adeguarli all’ora di partenza. Nel resto dell’Europa, a partire dalla Francia, con l’avvento degli orologi il giorno venne invece suddiviso in due periodi di 12 ore uguali, che partivano a mezzogiorno e a mezzanotte (ora “alla francese” o “all’oltramontana”). In questo modo la durata del giorno era costante e gli orologi non richiedevano correzioni quotidiane. L’introduzione in Italia di questo sistema avvenne in modo graduale e con molte opposizioni. Venne introdotto a Firenze nel 1749, a Parma nel 1755, a Genova nel 1772 e a Milano nel 1786. Ci volle l’occupazione francese per imporlo al resto della penisola, ma ancora nel XIX secolo era da qualcuno utilizzato il sistema precedente. La clessidra:
Aanticamente clepsidra; chiamata anche orologio a sabbia o, molto meno comunemente con il neologismo clepsamia) è uno strumento per la misura del tempo costituito da due recipienti di forma approssimativamente conica collegati tra di loro, tra i quali scorre una polvere finissima. Il termine clessidra in italiano può indicare (più raramente) anche il tipo ad acqua. Già nell’antico Egitto veniva utilizzata per misurare piccole quantità di tempo. Infine, la Storia dell’orologio in breve:
L’esigenza di misurare il trascorrere del tempo era sentita fin dall’antichità. Il più semplice strumento realizzabile è stato la meridiana, costituita al minimo da un palo infisso nel terreno, il cui uso è documentato in Cina a partire dal III millennio a.C. Il complesso di Stonehenge è ritenuto un dispositivo astronomico per la determinazione del momento degli equinozi. Fino a che la misurazione del tempo avveniva con le meridiane, la suddivisione del tempo prevalente era quella in cui l’ora era la dodicesima parte del ciclo diurno, dall’alba al tramonto. Era perciò più lunga d’estate e più corta d’inverno. Lo svantaggio principale della meridiana è quello di non funzionare di notte o nelle giornate nuvolose. Per questo motivo furono sviluppati orologi alternativi, basati sul progredire regolare di eventi. La clessidra ad acqua per esempio è un semplice dispositivo basato sulla regolare fuoriuscita di acqua da un contenitore forato. L’uso di clessidre ad acqua da parte degli Egizi è documentato nel XV secolo a.C. In Grecia furono usate per scandire la durata di gare, giochi, turni di guardia e anche per controllare la durata delle deposizioni in tribunale. Nel III secolo a.C. in Grecia la clessidra ad acqua si perfezionò in modelli più moderni nei quali l’acqua fluiva tra due contenitori collegati. Furono anche creati orologi ad acqua dotati di un sistema meccanico di indicazione dell’ora: il più famoso è la torre dei Venti di Atene, significativamente già chiamata horologion. Nel corso del Medioevo furono inventati i primi orologi meccanici: nel giro di un mezzo secolo, all’inizio del Trecento, molti campanili cittadini vennero dotati di orologio. Si possono ricordare quelli di: Parigi, Milano, Firenze, Forlì, ecc. Nel XVIII secolo John Harrison costruì i primi orologi a molle abbastanza precisi ed affidabili ma, soprattutto, in grado di funzionare a bordo di una nave. Questo permetteva il loro utilizzo per calcolare la longitudine risolvendo uno dei più seri problemi per la navigazione di quel tempo. Guarda anche:
L’invenzione dell’orologio – Superquark 18/08/2021 – link video:
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