È possibile applicare la tecnologia delle plastiche biodegradabili alle plastiche convenzionali e il risultato è sorprendente. È stato testato da Symphony Environmental Technologies, azienda britannica che ha lanciato un additivo che i produttori di materie plastiche possono utilizzare per rendere biodegradabili gli imballaggi.
L’additivo denominato d2W riesce ad attivare il processo di degradazione della plastica al punto da permettere a batteri e funghi di bioassimilarla. Le applicazioni del prodotto includono pellicole da imballaggio, borse per la spesa, contenitori rigidi e chiusure.
Infatti, d2W è compatibile con polietilene (PE) e polipropilene (PP), inclusi polietilene lineare a bassa densità (LLDPE), polietilene a bassa densità (LDPE), polietilene ad alta densità (HDPE) e polipropilene biorientato (BOPP).
L’ossigeno, la luce solare e la temperatura ambiente sono sufficienti per attivare la trasformazione chimica. In queste condizioni, la plastica si degrada per ossidazione fino a quando il suo peso molecolare è sufficientemente basso da consentire a batteri e funghi di metabolizzarla.
Un simile additivo, quindi, non potrebbe funzionare in condizioni anaerobiche. Si propone però come soluzione per i contenitori che sfuggono a questi canali di smaltimento . Si tratta comunque di una quota molto significativa, che secondo le stime vale almeno il 22% del totale dei rifiuti di plastica.
L’additivo d2W ha superato gli standard globali per testare le plastiche biodegradabili e uno studio dell’Agence Nationale de la Recherche francese mostra che “la plastica si biodegrada nell’acqua di mare e lo fa con un’efficienza significativamente maggiore rispetto alla plastica convenzionale”. Il livello di ossidazione ottenuto grazie al catalizzatore prodegradante d2w si è rivelato di cruciale importanza nel processo di degradazione .