Giorgio Palù, membro della task force contro il Covid-19 della Regione Veneto, ha affermato ai microfoni della trasmissione Agorà di rai3 che il virus ha vita breve nell’acqua. Questa è una cosa che agli esperti era già ampiamente nota, ma è stato diffusa in modo ufficiale proprio da Palù, che afferma:“Questo è un virus respiratorio che resiste molto poco nell’acqua“.
E’ un dato molto importante soprattutto negli ambienti esterni, visto che stiamo parlando del liquido più diffuso al mondo e fondamentale per la sopravvivenza. L’esperto parla di “emivita“, un concetto che calcola la quantità del virus in una sostanza o comunque la sua concentrazione e il tempo del suo decadimento a contatto con essa. Palù conferma a Adnkronos che “Si parlava giustamente non solo di contatto diretto ma anche indiretto, su oggetti e superfici a loro volta contaminate da secrezioni o emissioni orali”. quindi: “Il virus ha una emivita di poche ore e quanto più è esposto ad ambiente esterno tanto più questo virus, con un involucro, tende a rompersi e dura pochissimo. Si parla di un’emivita di una o due ore. Se poi c’è la radiazione ultravioletta del sole, l’essiccamento dura ancora di meno”, aggiunge il virologo.
Questa tesi coincide con quella di un’altra esperta Elena Azzolini, della direzione medica sanitaria dell’Irccs Humanitas di Rozzano, vicino Milano, a cui è stato chiesto se fosse più rischioso bere acqua del rubinetto rispetto a quella in bottiglia e ha risposto “No,in questo momento non risultano evidenze di trasmissione del coronavirus a livello di sistemi fognari o di trattamento delle acque reflue. Le pratiche di depurazione attuate sono estremamente efficaci nell’abbattimento del virus, dati i tempi di ritenzione e i fenomeni di diluizione che caratterizzano i trattamenti, uniti poi a condizioni ambientali, come la temperatura, la luce solare, i livelli di pH elevati, che possono pregiudicare la vitalità dei virus”.
Quindi abbiamo la certezza che con l’acqua il virus muore più rapidamente, anche più rapidamente con l’aiuto dei raggi solari. Questo però al momento non ci dà la certezza che nella stagione estiva potremo andare in piscina o al mare in tutta tranquillità. Anzi bisognerà comunque porre la massima attenzione soprattutto con l’arrivo della fase in 2 in cui la circolazione riprenderà e il rischio sarà molto più alto. Soprattutto il distanziamento tra un persona e l’altra rimane fondamentale. “Un metro resta la distanza minima raccomandata in presenza di un virus come questo che si trasmette per via aerea attraverso goccioline di 5 micron. Certo, in presenza di colpi di tosse e di ventilazione forzata è utile adottare un distanziamento maggiore” dice Palù.
Inoltre parlando di ospedali, case di riposo e luoghi in cui si trovano questo genere di pazienti, raccomanda:“Questo è un virus che si diffonde in ambiente nosocomiale. Cominciamo a capire che è meglio curare i pazienti a casa. Quindi il Veneto si è attrezzato per trattamenti domiciliari fatti dai medici di medicina generale. Meno ricoveriamo meglio è. Le case di cura sono un ambiente dove un virus nosocomiale si diffonde di più, dove ci sono soggetti molto fragili e non hanno le stesse barriere degli ospedali”.
Fonte:laleggepertutti.it
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